Ascesa e caduta del cinema siciliano a «luci rosa»

Tra servette, governanti e cugine, il filone erotico, cominciato nella prima metà degli Anni 70, andrà assottigliandosi sempre più fino a scomparire agli inizi degli Anni 80.

La palma catanese delle commedie erotiche siciliane spetta all’ormai celeberrimo Malizia (1973) di Salvatore Samperi, ex enfant terrible del cinema italiano, veneto d’origini isolane (da poco deceduto), che ormai lasciati cadere gli intenti scopertamente bellicosi e protestatari dei primi film, si abbandona ai moduli ammiccanti del mercato, mantenendo tuttavia – almeno in quest’opera – una certa qualità d’analisi, una finezza psicologica e una dose d’erotismo provocatorio sapientemente esibito da una morbida e sensuale Laura Antonelli, rivelatasi la vera carta vincente del film.
Ambientato nella Catania degli anni ’50, sebbene la città ne resti scenograficamente quasi assente perché (girato ad Acireale e zone limitrofe) Malizia narra la storia della contorta iniziazione sessuale dell’adolescente catanese Nino (interpretato da Alessandro Momo, prematuramente scomparso negli anni ’70), che morbosamente si oppone al nuovo matrimonio del padre rimasto vedovo, con Angela La Barbera, bella e giovane fantesca di casa, almeno finché questa non sarà stata sua. Riuscirà a goderla in una notte piena di pioggia e finalmente darà via libera alle nozze. Fulminante conferma d’una ancora pressoché sconosciuta Laura Antonelli e definitivo consolidamento della fama di Turi Ferro (nei panni di Ignazio La Brocca), consacratosi con quest’opera attore di larga presa sul pubblico nazionale. Suadente e coinvolgente l’ormai celeberrima colonna sonora di Fred Bongusto.
Inutilmente Salvatore Samperi tenta di bissare il clamoroso successo di Malizia – trasferendo l’anno successivo la troupe a S. Alfio (paesetto pedemontano catanese) – con lil grossolano La sbandata (1974) firmato con altro nome (Alfredo Malfatti), un film non compreso nella filmografia ufficiale del regista (interamente girato a S.Alfio, con qualche scena ripresa nel centro di Acireale e sulla nazionale Catania-Messina), storia di corna e di copule all’interno di una sempre più vituperata famiglia. Interpreti: Domenico Modugno, Pippo Franco, Eleonora Giorgi e la mancata “diva” internazionale Luciana Peruzzi. Tratto dal romanzo “Il volantino” di Pietro Buttitta, figlio del poeta Ignazio Buttitta, è l’ennesima occasione mancata di Samperi, tra l’altro con una ricaduta commerciale abbastanza modesta.
Ancora peggio va al tardivo Malizia 2000 (1991) dello stesso Samperi, girato tra Catania e Acireale, anacronistico prosieguo tutto “catanese” del celeberrimo precedente, a cui non basta la sfiorita bellezza dell’Antonelli (che con questo film chiude la propria carriera, momentaneamente sfigurata da un devastante maquillage) e l’interpretazione di Turi Ferro per salvare il film dal disastro economico.
Interni ed esterni a “Villa Di Bella” sulla provinciale Viagrande-Zafferana.
Stranamente negli stessi anni Vitaliano Brancati (già morto da vent’anni) ed Ercole Patti tornano all’improvviso sul grande schermo entrambi nel biennio 1973-74 ed entrambi con due film tratti da romanzi, Paolo il caldo e La governante il primo, La seduzione e La cugina il secondo.
L’age d’or della commedia erotica è al culmine proprio nella prima metà degli anni ’70. Dello sfarzoso spettacolo di Paolo il caldo (1973) regia di Marco Vicario, ancora girato tra Catania e Roma (due città, per Brancati, corrotte e perdute) – avvilente iterazione di copule, contraddittorio e boccaccesco bozzetto erotico ammannito seguendo la moda siciliana del cinema, allora particolarmente diffusa e redditizia – sono protagonisti Giancarlo Giannini, maschera cinematografica d’impenitente seduttore nei panni di Paolo Castorini, Gastone Moschin (lo zio), il sanguigno Lionel Stander (il vecchio nonno sporcaccione), Riccardo Cucciolla (tormentato e dolente padre suicida di Paolo). Rossana Potestà, Adriana Asti, Ornella Muti, sono alcune delle tante donnine dell’inquieta vita di Paolo.
A iosa i luoghi ormai “deputati” del cinema a Catania, quasi una manualistica da consultazione: l’insostituibile via Crociferi, l’ex monastero dei Benedettini, piazza Duomo, palazzo dei Chierici, la fontana dell’Amenano sotto cui scorre l’antico fiume di Catania, di cui è visibile un brevissimo tratto, l’arco di Carlo V, piazza Dante con il prospetto della chiesa di S. Nicola l’Arena, insomma ancora una volta tutto l’itinerario classico del barocco catanese.
Chiude il capitolo delle traduzioni cinematografiche di Brancati il mediocre La governante (1974) girato a Catania dal catanese Gianni Grimaldi che ne sconvolge la conclusione: suicidio nel testo teatrale, evitato invece nel film dove s’intravede perfino la nascita d’un possibile amore tra il vecchio Platania (Turi Ferro) e la bella calvinista venticinquenne (Martine Brochard).
In coincidenza con Paolo il caldo nel 1973 uno dei motivi ricorrenti della narrativa di Ercole Patti – la gioventù senza ideali, indolente e passiva – trova una non esaltante consacrazione cinematografica con La seduzione regia di Fernando Di Leo, tratto dal romanzo “Graziella“, girato tra Catania e Acireale, che purtroppo non va al di la dell’erotico elegante, favorito dalla presenza di una fascinosa Lisa Gastoni (la madre) e dalla acerba sensualità di Jenny Tamburi (Graziella) nei panni di una “ragazzina” che riesce a sedurre l’ex amante della madre – la quale ha ripreso la vecchia relazione – un giornalista tornato in Sicilia che la donna ucciderà dopo l’apparente accettazione di un impossibile triangolo erotico, complicato anche dalla presenza d’una famelica amica di Graziella. Maurice Ronet, già interprete di Bellini in Casa Ricordi e nel remake Casta Diva, entrambi di Gallone, indossa i panni del giornalista Giuseppe Laganà. Il brano iniziale è cantato dalla cantante folk siciliana Rosa Balistrieri. L’amico di Laganà, immancabile millantatore di avventure sessuali, è interpretato da Pino Caruso.
Tradotti in immagini anche altri due romanzi di Patti: La cugina (1974) regia di Aldo Lado, giochini erotici tra parenti (due cugini alla fine amanti) in una spirale sempre più spinta di sesso, interpreti Massimo Ranieri, Christian De Sica, Stefania Casini e Dayle Hauddon (definita “i più begli occhi verdi del cinema“) e Giovannino (1976) di Paolo Nuzzi, vita gaudente e oziosa di un giovane catanese, incapace di ribellarsi alle imposizioni del padre e alla fine sposo di una ricca ragazza zoppa, che per viltà e convenienza non riuscirà a lasciare. Quest’ultimo film sposta il set da Ragusa Ibla a Catania (Villa Cerami, oggi sede della facoltà di Giurisprudenza, via Crociferi, piazza Duomo, il giardino Bellini, la stazione ferroviaria, la piazza Duca di Genova prospiciente il più volte ricordato Palazzo Biscari nel quartiere “Civita“, le vecchie ciminiere delle raffinerie zolfifere e la “plaja“, lungo tratto di costa sabbiosa a sud della città, sede dei lidi balneari).
Ma ormai sommerso dalla marea montante del cinema a luci rosse (attraverso cui alcune sale storiche della città ritardano l’inevitabile chiusura, colpite da una crisi che provoca in Italia il tracollo di migliaia di cinema), il filone erotico andrà velocemente sempre più assottigliandosi fino a scomparire quasi del tutto abbandonato dal pubblico, già dall’inizio degli anni ’80.

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