Catania Slot Club, quando un hobby si trasforma in sport

di Mariagrazia Miceli

VIAGRANDE. Nata nel 2003, l’associazione Catania Slot è stata fondata dall’attuale presidente Felice Mirone, da Paolo Motta e da Davide Santagati, che hanno deciso di creare un luogo di ritrovo a Viagrande, in via Garibaldi, per condividere questo hobby con altri appassionati. Beh, chiamarlo hobby forse è un po’ riduttivo poiché fin da quando metto piede lì dentro mi rendo conto che si tratta di un mondo affascinante che rivive in piccolo l’impegno necessario per preparare le gare di Formula1: qui infatti il tutto è in scala 1 a 32.

Esistono due diverse piste all’interno dell’associazione, Carrera e Ninco, con differenti peculiarità.

Parte del club viene adibito ad officina dove ogni pilota ha una propria valigetta con dentro ricambi e veicoli da corsa, il contagiri, l’apparecchio che misura la calamita e tanto altro.

Si prepara la propria auto curandone i particolari e apportando vari accorgimenti: selezionando il motore, testandolo e mettendolo a punto, controllando il telaio, il pignone, la bronzina, i cuscinetti, gli ammortizzatori e, addirittura, nelle gare in notturna, montando gli stop rossi e i fari anteriori. Le vetture hanno il pilota disegnato e gli sponsor sulla carrozzeria.
“Il nostro è uno dei club storici e con livello di piloti più alto. Ricco il palmares, che può vantare una vittoria al campionato spagnolo, sei titoli italiani e una gara al campionato europeo, solo per citarne alcuni”, mi spiega Felice Mirone. “Ci sono circa sei/sette categorie di macchine, ognuna con le proprie regolamentazioni: le GP, le classic, le gruppo C, ecc.; macchine curate in tutti i minimi particolari e che sembrano vere. Esistono campionati interni al nostro club, gare di durata (che vanno dalle sei alle 24 ore, chiamate ‘endurance’), campionati regionali, gare nazionali, che sono mediamente quattro in ogni anno, e mondiali”.
Apprendo che esistono diverse piste in Sicilia – a Siracusa, a Modica, a Caltanissetta, a Enna, a Catania, a Palermo, a Messina – e che la nostra regione vanta anche i piloti più forti in Italia. “Ci sono squadre formate da sei piloti. Si corre facendo batterie da sei, 4 minuti per ogni binario. Dopo le qualifiche chi totalizza più giri vince la gara, che dura in totale 24 minuti”, afferma il presidente.
Sento un grande vocio, mi guardo intorno e noto un grande fermento: chi armeggia davanti alla propria valigetta, chi usa la fresa, chi modifica gli ultimi dettagli. Fra poco inizierà la gara. Vedo un gruppo di persone attorno ad un tavolo che esaminano con accuratezza le varie vetture e mi viene chiarito da Filippo Tropea, uno dei pionieri e punto di riferimento a livello nazionale ai tempi d’oro di questo affascinante sport, che prima di iniziare ci sono le verifiche dei mezzi, che devono rientrare in determinati parametri, pena l’esclusione. “Si apre la macchinina e i verificatori di gara controllano il numero di giri del motore, il magnetismo, il diametro dei cerchioni, ecc.”, mi spiega.
Ci sono diversi accorgimenti: il motore deve essere più o meno magnetico perché sulle bandelle della pista fa “effetto calamita”, permettendo la regolazione della sbandata. Altro elemento fondamentale è il cosiddetto pulsante con cui si regola la velocità, la frenata, la sbandata, lo spunto. Ci sono pulsanti interamente costruiti da ingegneri elettrotecnici che hanno un costo di 300 euro e l’abilità del pilota sta nel saper regolare il pulsante a seconda della propria auto e delle caratteristiche della pista.

C’è poi il computer, che funge da direttore di gara, che segna il miglior giro effettuato nella gara, il tempo corsia per corsia, i giri fatti, la media su giro, la differenza tra il primo e il secondo, ecc.

“Anche nelle nostre gare si gioca sui millesimi di secondo”, afferma Tropea. “Ho fatto il direttore di gara alla finalissima del campionato Polistyl Autosprint Topolino al Motor Show di Bologna nell’83 ripresa da Canale 5. Una volta questo era uno sport a tutti gli effetti riconosciuto dal CONI come Federazione Italiana Slot, dato che esisteva una Federazione nazionale con una serie di regolamentazioni. A Torino si svolgevano i campionati italiani ed europei gestiti ad ampio spettro, esistevano le piste formato Daytona (qui a Catania ce n’era era una alla playa). Quell’epoca è implosa per le notevoli spese. In seguito, dopo gli anni ‘70, tutto si è evoluto: sono cambiate le piste, le macchine, i regolamenti. Oggi è uno sport più accessibile per quanto riguarda i costi, perché le piste sono in plastica, ma meno come disponibilità di materiale e negozianti. Il materiale ormai lo fabbricano in Cina, mentre una volta c’era un riferimento in ogni città d’Italia. Anche le macchine sono in plastica e leggerissime, mentre anni fa erano costruite in metallo, più pesanti e snodabili” continua Tropea.

Non è giocare con le macchinine; non si tratta delle piste Polistyl che negli anni ‘60/’70 ogni famiglia possedeva in casa. “Esistono piste con rettilinei di 60/70 metri con reti di sicurezza per evitare che le macchine, che viaggiano anche a 120 km/h, escano fuori ‘a razzo’ e facciano male agli spettatori. È un vero e proprio mondo, con appassionati che coprono trasversalmente ogni fascia sociale e d’età. È un hobby per pochi eletti, parecchio costoso, che richiede passione e impegno. Per guidare una di queste auto ci voglio riflessi, costanza, determinazione, capacità e anche fisicità – conclude Tropea –. Per far parte dei club privati si deve contattare qualcuno di noi: ti prestiamo una macchina, ti facciamo fare dei giri e poi, se sei interessato, comprerai man mano il tuo materiale personale, la vettura da corsa e il pulsante”.

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