Nel cuore dell’hinterland catanese, la scrupolosità e il talento creativo di un abilissimo maestro pasticciere dimostrano come l’antica formula artigianale possa ancora raggiungere livelli di eccellenza, se curata in ogni minimo dettaglio. Materie prime di elevata qualità e tanta dedizione sono gli ingredienti necessari per rinnovare ogni giorno un’offerta di prodotti davvero invidiabile.
Viagrande, piccolo centro pedemontano, a metà strada tra le più famose località balneari ed il maestoso vulcano Etna, ospita già dal 1885 i locali del rinomato Gran Caffè Urna, meta obbligata per i tanti turisti in transito che approfittano delle vacanze per deliziare anche il palato, in un percorso eno-gastronomico al quale non si può assolutamente rimanere indifferenti.
Fondato da Lorenzo Urna nel 1885, dopo diverse vicissitudini alla corte del Regno di Francia, dove aveva portato e affinato le sue arti culinarie, il Gran Caffè Urna ha rappresentato per il secolo passato il fiore all’occhiello della nobiltà catanese e non solo, vedendo accomodarsi ai suoi tavoli personaggi di caratura elevata, fra cui anche il re Vittorio Emanuele III, in visita per osservare il grande spettacolo offerto dall’eruzione del Giugno del 1923.
Forte della sua esperienza gastronomica, maturata anche negli anni in cui fu cuoco al servizio del principe Manganelli, Lorenzo aprì il suo rustico locale pieno d’entusiasmo e ben presto riuscì a conquistare una clientela esclusiva, fatta delle famiglie più blasonate dell’epoca. I gelati dai gusti nuovi e ricercati, gli arancini o i deliziosi biscotti creati dalle esperte mani di Lorenzo o da quelle degli altrettanto abili figli, accrescevano di giorno in giorno la fama del Gran Caffè Urna, e le signore ed i rampolli di quel mondo ancora aristocratico vi si recavano sempre più di consueto in gran numero, in special modo nelle fresche serate estive. Il nuovo secolo consolidò la fortuna di Lorenzo Urna: egli godeva ormai della stima di tutte le famiglie più in vista, fu insignito del titolo di Cavaliere e nel 1928 inaugurò all’interno del suo locale anche una sala ristorante.
Oggi il Gran Caffè Urna non è molto diverso da com’era a quei tempi. Delle due sale originali ne è stata ricavata una sola, mentre il salone adiacente al bar è rimasto pressoché intatto. Anche ai giorni nostri Urna rimane un punto di riferimento per i viagrandesi e per tutti coloro che vogliono gustare le specialità dell’antica tradizione gastronomica etnea, quali “siciliane“, i già nominati “arancini“, le “paste di mandorla” ed i famosissimi “schiumoni” accompagnati dai favolosi biscotti “pazientini“.
Ma chi ha ereditato questa nobile, seppur umile, arte?
Agli inizi degli anni ’80, l’azienda venne rilevata da una società di giovani amici, la Imperia S.r.l., che ebbe la lungimiranza di lasciare inalterato tutto ciò che costituiva le fondamenta e i pilastri portanti di un pezzo di storia culinaria siciliana, compresa la maestranza, che aveva nel frattempo acquisito i segreti da preservare e tramandare. Da quella data si sono alternati al “comando” dei due laboratori soltanto alcuni “grandi maestri”, che a loro volta hanno consegnato nelle mani dei più meritevoli giovani l’arte di “Lorenzo Urna”.
È così che la preziosità di questo storico “scrigno” è ancora preservata grazie alle altrettanto “preziose” mani del maestro pasticciere Sebastiano Torrisi, che dai suoi predecessori ha ereditato l’antica arte ed i suoi numerosissimi segreti.
Da circa trent’anni al servizio del Gran Caffè Urna, e da più di venti faro illuminante della medesima scuola di alta pasticceria, il maestro Torrisi ha saputo mantenere inalterate le antichissime tradizioni che hanno reso famoso il locale durante il secolo appena trascorso, non trascurando comunque le richieste dettate dalla sempre più influente “globalizzazione” che, se da un lato ha accorciato le distanze e ridotto le diversità, dall’altro ha un po’ messo in ombra molti principi legati a costumi e tradizioni.
Le influenze è chiaro quindi che non mancano, ma è proprio nelle richieste sempre costanti della “storica” clientela che si fonda la solidità di una “nomea” conquistata e salvaguardata nel tempo.
Proprio in questi giorni era stata fatta al maestro una richiesta particolare da parte di alcuni clienti: “vogliamo stupire nostro padre, settantenne avanzato, con una torta che non sia la classica torta… qualcosa di particolare che gli ricordi il passato“.
Gli occhi del maestro Torrisi si sono subito illuminati, sapendo che per stupire un siciliano doc non puoi far altro che portarlo indietro nel tempo. Ed ecco che la torta diventa scenografia, scultura, disegno artistico, miscelati a un ricordo indelebile di ciò che eravamo e di come vivevamo. Una scena vista e rivista su libri, quadri, carretti, immagini di cantastorie d’altri tempi o in qualche rappresentazione teatrale, ma… mai su una torta!
Uno scorcio di vita quotidiana di una Sicilia d’altri tempi curato nei minimi particolari che stimola i ricordi e fa sorgere spontanea la domanda: “ma i clienti… avranno mai avuto il coraggio di tagliarla?“.
Mario Macrì
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