Vogliono riscoprire le antiche tradizioni e cercano, anche se l’impresa è assai ardua, di far rivivere ai bambini di oggi le favole del passato. Rilanciare la «Festa dei Morti» è l’impresa in cui si cimenteranno domani i componenti del cenacolo culturale «Antonio Aniante», sotto le regia della neocoordinatrice, Tiziana Iannotta.
Certo, quella della «Festa dei Morti» era un tradizione che si tramandava da anni e anni e che poi, con l’era del consumismo, è scomparsa come sono scomparse tante altre tradizioni che si nutrivano dell’ingenuità dei bambini, i quali sognavano ad occhi aperti e ai quali, dalle nostre parti, veniva fatto credere che «i morti ai bimbi buoni portavano dolciumi e regali».
L’incantesimo si verificava nella notte tra Ognissanti e la Commemorazione dei defunti: «i morti» lasciavano i regali nelle apposite ceste preparate con meticolosità dagli ingenui bambini al ritorno dal cimitero, dove essi, anche se piccolini, si erano recati assieme ai genitori per accendere un lumino sulle tombe dei defunti e per deporvi i fiori al fine di ingraziarseli e ottenere, perciò, tanti regali.
A patto, però, che non aprissero gli occhi nottetempo, altrimenti una bella grattatine nei piedi e addio «regali».
Che poi non erano i regali di oggi che, nonostante tutto, viviamo in un’epoca di troppi sprechi: erano regali che «i morti» potevano lasciare a seconda della ricchezza che i poveri genitori potevano sfoggiare.
Carrettini di legno, con cavalli di legno trainati da una corda, la pistola di legno sostituita poi dalla pistola «chi capsuli» per poter fare «la guerra», proprio il giorno dei morti e nella piazzetta antistante l’ingresso principale del sacro recinto e le immancabili bambole per le bambine.
E poi i dolciumi: mostarda, fichi secchi, ossa dei morti, mastazzoli e tante altre leccornie: sostituivano i giocattoli in quelle famiglie povere che non potevano comprare giocattoli.
Il cenacolo culturale vuole allestire una mostra di tutto ciò che abbiamo descritto: chi avesse giocattoli antichi potrà «prestarli» rivolgendosi alla Pro Loco di Viagrande, nel cui ambito opera il cenacolo «Aniante».
La festa dei morti era un gioia per i più piccoli e i meno smaliziati, i quali credevano ciecamente «’na chiazza di morti». Chiedevano i più smaliziati ai più ingenui: «‘A canusci ‘a chiazza di morti?»
E quando i bambini ingenui rispondevano di no, i più smaliziati ridevano tra di loro e poi esclamavano: «Babbasunazzu, ‘u patri accatta, ‘a matri ammucchia, i figghi ammuccunu! chissa e’ a chiazza di morti».
E, infine, c’era anche la frase bella e pronta per chi non otteneva alcun regalo né alcun dolciume.
«Chi ti lassanu ‘i morti?» «Mi lassanu vivu! Chi fa non ti basta», era la risposta stizzosa di chi guardava con malcelata invidia i compagni pieni di regali.
(font: La Sicilia – Paolo Licciardello, 18 ottobre 2008)