Le poesie di Agata Rapisarda sono strutturate in versi liberi anisometrici, cioé terzine, sestine e settenari in ordine sparso, per lo più con rime ed allitterazioni senza alternanza perfetta, tranne che in qualche caso in cui riscontriamo rime baciate, alternate ed interne.
Il leit motiv della raccolta poetica è l’Amore, che viene esplicitato nelle sue varie forme: filiale, verso l’altro e verso Dio.
Dicevamo che il metro è, per lo più, quello discorsivo della poesia moderna, ma ciò non deve indurci a pensare ad una poesia spontaneistica e senza radici culturali in quanto, qui e là, troviamo reminiscenze stilnovistiche: “amore… che nulla tieni e nulla temi” nella lirica AMORE dove lo stesso si tramuta da astrazione filosofica in esigenza di vita: “potrò mai gustare la felicità?”
L’Amore di cui canta l’Autrice è un amore inconcluso, sospeso, non corrisposto, spesso inespresso, di cui l’oggetto non ha contezza.
Un amore che potremmo anche definire adolescenziale, tessuto d’illusioni, l’amore mitologico in cui Eros-Amore “incontra l’uomo e lo innamora”, svolgendo un’azione salvifica, in un mondo che l’uomo stesso ha corrotto.
L’illusione dell’amore,”senza confronti, senza pretese”, la sua incomunicabilità “affannato e silenzioso”, la sua non trasmissibilità “non basta stare vicini per volersi bene”, la non corrispondenza “qual’è l’amore più triste se non quello di chi ama e non è amato.”, trova risoluzione nel suo essere ontologicamente fondato “ti voglio bene per nient’altro che l’amore stesso”, che ci riporta alle parole di Elizabeth Barrett Browning, quando dice “amami solo per amore, s’ama così per sempre, per l’eternità” e, nell’unica poesia che rende carnale l’amore e recita che, (a differenza di quello che tutti conosciamo di Cyrano di Bergerac “cos’è un bacio? Un apostrofo rosa fra le parole t’amo” ) “un bacio basta” è l’espressione più semplice dell’amore: puro, sincero, pieno di dolcezza.
Questo amore dolente diventa elegia nella lirica “Il sonno eterno”, dedicata al nonno scomparso in cui l’A., come Orfeo, si rammarica del fatto che il nonno sia andato “in un mondo ove il mio essere non è ammesso”, stigmatizzando la sensazione d’impotenza dinanzi alla morte.
Inoltre l’A. dedica ai genitori una lirica in cui chiede perdono per non aver corrisposto il loro sconfinato amore con nient’altro che un po’ d’affetto ed un amore in silenzio.
Non si può non notare come questa lirica sveli l’ironia della vita: una figlia, che non ha saputo amare i genitori, ama un uomo che non sa o non vuole amarla, quasi una legge del contrappasso o una ricerca di autopunizione.
Allora, Deus ex machina sul palcoscenico della vita, irrompe la presenza di Dio e, passo dopo passo, l’A. passa dalla inconoscibilità di Dio, se non per deduzione, attraverso l’osservazione del creato (Dio non l’ho mai visto) ad una preghiera per ottenere la conversione dell’anima e su, su fino ad arrivare ad una dichiarazione d’amore e di richiesta di accettazione come figlia.
Quindi l’amore per Dio supera e risolve l’amore terreno, dolente ed inconcluso.
Il tedium vitae che pervade la produzione poetica di Agata Rapisarda ha un riscontro romantico nella poesia “Piove”, quasi un manifesto esistenzialista.
E se una luce tenue, velata, pervade la produzione letteraria dell’autrice, anch’essa trova compimento e catarsi nella luce della luna, che illumina la notte, tempo-spazio privilegiato dei poeti, notte cui l’A. rivolge i mille “perché” della sua esistenza, così come faceva il pastore errante nell’Asia, guardando la luna.
Anna Tiziana Iannotta