Un insulto sprezzantemente scagliato contro una persona sofferente per una menomazione che la rende invalida è un atto che non necessita di particolari commenti. Vorrei però esprimere una breve considerazione dal punto di vista specifico del rapporto fra la società e la scuola. Uno dei compiti assegnati alla scuola italiana è integrare pienamente nell’ambito educativo, professionale e sociale gli studenti diversamente abili, che a tale scopo sono inseriti nelle stesse classi di tutti gli altri studenti. Si tratta di un compito non facile, che richiede insegnanti con speciali competenze, i docenti ‘di sostegno’, e che deriva dal dovere di considerare ogni individuo una persona, titolare quindi del diritto di realizzare se stesso, come singolo e socialmente, al meglio delle proprie possibilità. A tal fine uno degli obiettivi più importanti da raggiungere è la socializzazione, ossia il reciproco conoscersi e accettarsi gli uni con gli altri. Un ostacolo gravoso è però costituito dal pregiudizio, che induce a trattare ogni ‘diversità’ con diffidenza, derisione o ostilità. La lotta al pregiudizio è difficile, ma certamente non impossibile. La scuola è una istituzione che affronta un rapporto particolare con il contesto sociale, dal piccolo al grande, in cui è necessariamente inserita. Questo talvolta l’aiuta e la favorisce, talvolta no. L’insulto ad una persona disabile durante una seduta del più autorevole consesso dello Stato, è uno di questi casi negativi. Quando si verificano episodi del genere, non è la scuola ad essere lontana dalla società, secondo una frequente accusa, ma è la società, come non di rado accade, ad essere lontana ed ostile alla scuola.
Salvatore Daniele