di: MARA PETTIGNANO
Pizza siciliana. Molti di noi non sono abituati a sentire abbinate queste due parole, essendosi ormai assuefatti al binomio imperante: pizza napoletana.
Solo recentemente, ci siamo abituati al suono della “pizza romana”, in genere seguito dalla specificazione “in teglia”, ma oltre a questi due stili del più gradito piatto nazionale per molti di noi la conoscenza in materia di pizza si interrompe bruscamente.
Ma oggi vi parliamo di un classico, praticamene sconosciuto al di fuori della Sicilia, lontano dal clamore delle pizze imperanti e dall’avidità della masse, quasi come se i siciliani, temperamento guardingo e carattere racchiuso –come la loro isola– avessero voluto difendere e preservare questo tesoro dalla cupidigia delle folle e dalla sua conseguente diffusione e banalizzazione, conservandolo solamente per loro e per i pochi fortunati degni di tale privilegio.
Ecco dunque a voi, la pizza siciliana.
Scaccia, pitone, focaccia, pizzolo, la pizza siciliana non ha una sola, semplice declinazione.
Il miscuglio di razze, tradizioni, influenze che l’isola raccoglie in sé si è riversato anche sulla preparazione della pizza, che in Sicilia non comprende, come in tutto il resto del mondo, il solito impasto di acqua lievito e farina condito a piacere e infine cotto in forno.
Il risultato si differenzia notevolmente sia come impasto sia come cottura e sia come farcitura (pecorino, piacentino, ragusano, caciocavallo, ricotta e tuma), dando luogo così a tipologie diverse, e tutte squisite, di “pizza siciliana”.
Ve ne elenchiamo alcuni, di questi tipi di “pizza siciliana”, certi che comunque, per le loro strade assolate i siciliani custodiranno gelosamente altre deliziose ricette, altre bontà, altri gioielli di cui, probabilmente, non conosceremo mai la ricetta o forse nemmeno l’esistenza.
Intanto però iniziamo ad abbattere il muro difensivo e diffondiamo il nome della pizza siciliana, anzi, “delle” pizze siciliane.
PIZZA SICILIANA
La “pizza siciliana” tout court ha poco a che vedere con l’immagine di pizza a cui tutti siamo abituati.
Gustosa, fragrante, dalla gradevole consistenza croccante, la pizza siciliana non è né lievitata né cotta in forno, né tantomeno di forma circolare e con il solito condimento a base di pomodoro in superficie.
L’impasto, fatto con farina di grano tenero, strutto e sale, viene fritto in forma di mezzaluna dopo essere stato copiosamente riempito –nella versione più tradizionale — di sapida tuma e sfiziose acciughine.
Potremmo dire che si avvicina maggiormente, piuttosto che alla pizza, a ciò noi chiamiamo “calzone” o “panzarotto”, ma il gusto tutto siciliano, racchiude in sé la lunga e importante storia dell’aristocrazia etnea.
Fra le più ricche di storia ricordiamo senz’altro quella preparata sin dal 1885 al Gran Caffè Urna di Viagrande.
Qui la potremo gustare, col suo profumo caldo e avvolgente, nella versione tradizionale, con tuma e acciughe, e con l’accortezza da parte del pizzaiolo di utilizzare una tuma leggermente più stagionata, per evitare che il calore della frittura disciolga completamente il morbido formaggio.
Il tutto a vantaggio di gusto, consistenza e per il nostro piacere.
Nelle calde serate estive, la magica atmosfera del cortile del Gran Caffè è ancora ammantata di quell’aura di aristocrazia che ci riporta agli inizi del secolo scorso.
Allora, i nobili locali quali il principe Manganelli, il marchese di Raddusa, i Paternò Castello e tutti gli altri aristocratici di Catania che a Viagrande avevano le proprie residenza principesche –qui denominate semplicemente “ville”– consumavano le pizze siciliane e terminavano immancabilmente il pasto con i soavi “schiumoni”.
Gli schiumoni erano (e sono) impareggiabili dessert alla gianduia composti da gelato fuori e morbido semifreddo all’interno.
Ancora oggi, il locale è tipicamente frequentato da una gran moltitudine di signore eleganti, coi loro fili di perle al collo, che tra una pizza siciliana e l’altra commentano l’ultimo spettacolo teatrale cui hanno assistito o fanno a gara nel magnificare i risultati e le brillanti carriere di figli e nipoti.
Sarà per questa frequentazione alto-borghese che il Gran Caffè di Urna riesce a presentarsi comunque come locale esclusivo e raffinato, nonostante alcune sbavature come i tavoli e le sedie in plastica o la minor attenzione verso alcuni, piccoli particolari.
Qui, i Mastri della pizza siciliana sono ancora, dopo tanti anni, il signor D’Agata e il signor Russo, depositari delle ricette oralmente apprese dalla leggendaria signora Ciccina, venuta a lavorare a soli 7 anni al Gran Caffè , e che per ben 81 anni ha continuato a tramandare fedelmente e con amore le ricette della tradizione.
Anche al di fuori dei confini di Viagrande la pizza siciliana si è ormai diffusa in tutta la zona etnea, ma difficilmente troverete la stessa leggerezza della sfoglia appena fritta.
Unica eccezione le pizze siciliane di Donna Peppina, che potrete gustare, fedeli alla preparazione originale, nella bella piazza di Zafferana, e che dal lontano 1925 è meta di catanesi in cerca del riparo dalla calura estiva e di ristoro.
IL PIZZOLO
I QUATTRO CANTI – SORTINO (SR)
Origini più umili invece per il “pizzolo”, nato quasi per caso a Sortino, città del siracusano nota per l’ottimo miele di timo e dove ancora i ragazzini danno vita a frequenti scorribande per rubare le immancabili carrube.
Gli abitanti di Sortino sono famosi per la calda accoglienza riservata ad ogni ospite, e per essere grandi bevitori dello “spiritu re fasciddari”, potente distillato ricavato dal miele e dalla cera rimasti nelle arnie, “cuneato”, cioè condito, con miele e poi cotto a fuoco lento.
La storia del pizzolo, dicevamo, è semplice e umile: nasce dall’impasto avanzato del pane fatto in casa, diviso poi in due panetti e steso quindi in altrettante sfoglie, che verrano poi messe una sopra all’altra, alla buona, in modo semplice ma invitante.
Una pizza semplice, genuina, originariamente cotta nel forno a legna e sopra una pietra piatta e ovoidale chiamata proprio “pizzola”, da cui il nome.
Si può farcire con tutto quanto di nostro gradimento, proprio come nell’antica tradizione contadina, ineguagliata nel riutilizzo magistrale dei cosiddetti “avanzi”.
Fedele alle umili origini, un tempo veniva preparato solo in casa e farcito con gli avanzi del pranzo, quali peperoni, segale, salsiccia o quant’altro fosse disponibile, e condito poi sulla superficie con sale, olio e pecorino grattuggiato.
Oppure, nella versione dolce, con miele ibleo e ricotta.
Oggi, a Sortino, il pizzolo non è più solo una squisita preparazione casalinga, ma viene servito in numerosi locali, detti ovviamente “pizzolerie”.
Fra le migliori, quella de I quattro canti, locale gestito dall’ingegnoso Angelo Pappalardo, che fu tra i primi ad avere l’intuizione di far conoscere il pizzolo fuori dalla provincia di origine, e che per primo aprì a Catania ‘La pizzoleria’ di piazza Mazzini.
Qui, il pizzolo è rigorosamente preparato con lievito madre nelle più disparate versioni, da quelle più tradizionali a base di biete e salsiccia, a quelle stagionali con crema di zucca gialla e scamorza.
Da provare sicuramente la ghiotta versione dolce del pizzolo, con ricotta, miele di Sortino e gocce di cioccolato.
FOCACCIA CON LA SCAROLA
FOCACCERIA SANTORO (MESSINA)
Se solo i messinesi avessero un po’ più di passione ed entusiasmo nel raccontare la loro focaccia, questa, ne siamo certi, avrebbe ben pochi eguali in tutta Italia, e non troverebbe rivali nemmeno nella celeberrima focaccia genovese.
Purtroppo, o per fortuna, i cittadini dello Stretto sono così, e questa è la loro natura: un atteggiamento pacato e distante, accompagnato da una parlata lenta e a tratti annoiata, che finisce con il non tributare alle loro eccellenze la popolarità che si meritano.
O, magari, il fine è in realtà proprio quello: rimanere sottotraccia, e custodire gelosamente solo per sé questi gustosi tesori.
La focaccia messinese è composta da un impasto di farina, zucchero, strutto, sale e lievito, e viene condito tradizionalmente con acciughe, tuma, scarola e pomodoro.
L’impasto arricchito dallo strutto dà luogo a una focaccia molto morbida, servita in apposite teglie in piccoli tranci, volutamente spessi e guarniti con abbondantissimo e ghiotto condimento.
Non troverete mai, nella focaccia messinese, bordi croccanti o parti poco condite: morbidezza e ricchezza sono le sue caratteristiche.
La focaccia messinese viene in genere acquistata e poi degustata altrove, in giro per la città o comodamente a casa propria, ma in alcuni panifici nella città è possibile accomodarsi e consumarla sul posto.
Nella via che conduce al Duomo, da più di cinquant’anni la focacceria Santoro serve questa meraviglia messinese ai tavoli, da cui si gode inoltre anche di una suggestiva ed incantevole vista.
PITONE
ANTICA FOCACCERIA DAZIO (MESSINA)
Nell’antica focacceria “Dazio”, di via Palermo, così come in parecchi altri panifici e focaccerie della città dello Stretto, potrete provare anche un’altra tipica specialità messinese: il pitone.
Fragrante, morbido e croccante nello stesso tempo, il pitone è una sorta di calzone fritto, riempito generalmente con lo stesso condimento della focaccia, vale a dire scarola e formaggio.
Oltre al condimento tradizionale, rimasto ancora oggi insuperabile, potrete trovare il pitone anche farcito con formaggio e prosciutto, oppure, in una gustosa variante, “alla Norma”, con melanzane fritte, pomodoro e tuma.
SCACCIA
PANIFICIO GIUMMARRA – RAGUSA
La paternità della “scaccia”, altra tipica specialità siciliana, è rivendicata da Ragusa e Modica, anche se la si può trovare agevolmente anche nella zona del siracusano. Si tratta di sfoglie sottilissime arrotolate assieme al condimento, il tutto cotto infine nel forno a legna.
La forma è rettangolare e, nella sua versione tradizionale, la scaccia è condita con ricotta e cipolla, oppure con patate e verdure del luogo.
Il ripieno in realtà è variabile a seconda del gusto e delle stagioni, ma in genere sono previsti comunque ortaggi e formaggi locali, quali il ragusano e il caciocavallo dop, mentre le cosiddette “impanate”, preparazioni simili alla scaccia, possono presentare al loro interno ripieni di carne o anche pesce.
E con l’impasto avanzato dalla preparazione delle scacce, al panificio “Giummarra” di Ragusa –dove ogni giorno si lavorano ben 350 chili di impasto– si prepara anche l’ottima ‘campagnola’, una sorta di grande focaccia con abbondanti strati di pomodoro, basilico e generose fette di ragusano.
[Credit: Foto ALFIO BONINA]