“Per sopravvivere abbiamo bisogno del nostro passato e di identità collettive in cui affondare le nostre radici, così come abbiamo bisogno di una identità individuale” scrive il professor Paolo Prodi a pagina 19 del suo libro Introduzione alla storia moderna, a maggior ragione si tratta di un passato prestigioso: “Un secolo di arte siciliana vuol dire, in larga misura, un secolo di arte italiana – dice il famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi -. Non è lo stesso per quasi nessun’altra regione, non per l’Emilia Romagna, nonostante Morandi e De Pisis; non per la Toscana, nonostante Soffici e Rosai; non per Roma, nonostante le due scuole romane. La Sicilia del Novecento, sia in letteratura sia nelle arti figurative, ha dato una quantità di artisti e scrittori che hanno contribuito in modo determinante a delineare l’identità prevalente della cultura italiana”. La cultura quindi deve attingere dal passato perchè l’albero, senza radici, produce tante foglie ma pochi frutti, e resta in balia delle intemperie. Solo le radici profonde non gelano e questo è quanto accade con il carretto siciliano che è una delle creazioni artistiche più amate della nostra tradizione culturale, perchè, come sostiene Sergio Sciacca sulla Sicilia del 20 gennaio, sono allo stesso tempo di creazioni della genialità individuale, ma anche espressione della sensibilità di un popolo.
Infatti quanti di noi siciliani, o quanti del nostro hinterland, non sanno, non hanno mai visto o parlato “del carretto siciliano”, ormai assurto a emblema del nostro territorio o addirittura a simbolo della nostra terra?
La disattenzione nei confronti di un manufatto, che investe non solo diversi aspetti delle arti figurative, quali il bassorilievo scultoreo su legno, la pittura su tavola,o gli ornamenti in ferro battuto, o ciò che adorna plasticamente il carretto, ma anche una tecnica costruttiva strutturale che coinvolge problemi della meccanica del movimento, affrontata e risolta nelle problematiche dei mezzi di trasporto in strade dissestate e sconnesse, tale disattenzione, ha fatto sì che per tutti questi anni molti ne abbiano parlato ma nessuno che abbia focalizzato a pieno le problematiche del carretto.
Certo una schiera di ammiratori, se pur indigeni, hanno spesso osannato i maestri del carretto, ma mai nessuno che si fosse cimentato in una puntuale ricostruzione delle fasi e delle tecniche costruttive, ne mai nessun critico o storico che avesse tentato o considerato di approntare una trattazione così puntuale da poter fare emergere le difficoltà tecniche ed artistiche che i maestri del carretto dovevano mettere in campo per poter risolvere le problematiche insite nella realizzazione di un seppur modesto mezzo di trasporto.
Ritengo sia interessante, dal mio punto di vista, sottolineare all’attenzione del lettore, non solo la parte artistica che l’argomento investe, ma anche la parte strutturale e meccanica, pur non tralasciando quanto il testo nella sua completezza affronta e chiarisce con dovizia di particolari in tutte le sezioni del testo.
L’autore, intraprende un percorso, che sapientemente articola con puntuale cura di particolari, riuscendo ad appassionare il lettore, inizialmente avvalendosi di cronache giornalistiche, poi dissetando la sua curiosità attraverso anche l’ausilio degli utensili che venivano utilizzati, oggi ormai desueti , per approdare, nella parte finale del testo, alla modernizzazione o superamento del carretto stesso, attraverso l’occhio della modernizzazione, nel capitolo “La storia continua”.
Analizzando nello specifico l’espressione artistica del carretto siciliano, in quanto arte minore, e quanto attiene il percorso creativo ed artistico riferito alla storia e all’evoluzione precipuamente artistica del carretto siciliano si può notare che:
-Le raffigurazioni spesso epiche che si descrivono sulle sponde del carretto denunciano chiaramente sia attraverso i colori, sia attraverso i tagli prospettici, sia attraverso scenografie e paesaggi, spesso mediterranei una emotività che solo noi siciliani portiamo dentro. Colori caldi e allo stesso tempo accesi, fanno tornare subito in mente, quelli di Renato Guttuso, ma non solo.
Di questi mastri si occupò l’illustre critico d’arte Enzo Maganuco che nel 1964 scriveva: “si tratta di artigiani-artisti, che hanno mandato per le vie del mondo i carri decorati in modo da farli sembrare una grande miniatura di codice trecentesco illuminato spesso con una tecnica da madonnieri bizantini che dipinge a tocchi piatti e a tinte sovrapposte”.
Occorre ricordare come i maestri artigiani, i quali non erano mai stati educati a nessuna scuola d’arte, da nessuna accademia, riflettessero con estrema semplicità e spontaneità la natura che li circondava, spesso ciò che gli stava intorno, i paesaggi le architetture, e ciò, era da impulso per immaginare ed inventare scene tratte dai libri di epica, o dal teatrino dell’opera dei pupi, o dai cantastorie a cui davano fondo e nei quali spesso e poco si faceva cenno a paesaggi o abiti e corazze per essere descritti pittoricamente.
-La scultura, nello specifico l’intaglio delle figurine, a basso rilievo, per ovvie motivazioni, sembra che abbia fagocitato le cromie dei più arditi artisti del pennello.
Le tavole descrittive delle parti strutturali poi, mettono in luce quanta maestria gli artigiani del carretto dovevano mettere in campo affinché tutto fosse in sintonia non solo fra le parti strutturali, ma anche con i partiti decorativi di questa struttura barocca in movimento.
Dopo tanto tempo, troppo tempo gli ultimi epigoni di questa antica arte hanno ricevuto finalmente il giusto riconoscimento con l’inserimento di 6 artigiani nel Registro delle Eredità Immateriali – Libro dei Tesori Umani Viventi. si tratta di Rosario D’Agata e Salvatore Chiarenza (scultori), Domenico Di Mauro, Antonio Zappalà, Nerina Chiarenza (pittori) e Paolo Rapisarda (fabbro) e loro biografie contenute nel testo sono stati utili a formulare la proposta di delibera del Consiglio provinciale di Catania che ha avviato il procedimento per la loro iscrizione nel REI della Regione Sicilia.
Particolarmente interessante il Carretto esploso in 3D, con l’aiuto della computer-grafica l’autore ci accompagna passo passo il lettore nella ricostruzione di un carretto.
Nel libro, che si compone di 120 pagine formato 29 X 24 in carta patinata opaca stampa a colori e foto d’epoca in B/N e che ha già ricevuto l’apprezzamento di varie istituzioni e associazioni culturali per l’alto valore scientifico utile alla salvaguardia della memoria storica e della identità siciliana, sono ben descritte tutte le maestranze che partecipano alla realizzazione del carretto, dal carradore (vero artefice del carro) all’intagliatore, dal pittore-decoratore al fabbro-ferraio, al fonditore-tornitore (o ramaro) e tutto l’indotto: il siddaru, il bardatore, il maniscalco. C’è anche spazio per l’epopea dei carrettieri ( gli attuali autotrasportatori), che peregrinavano nelle contrade isolane, senza paura alcuna, di giorno e di notte, con i loro canti originali e i loro struggenti ricordi di un mondo ormai lontano. Inoltre sono contenute le denominazioni originali in lingua siciliana delle varie parti strutturali.
Il prof. Santi Correnti nel suo libro “Acireale e le varie Aci” scriveva: “nel campo folkloristico, Aci S.Antonio ha una prerogativa davvero unica in Sicilia, perchè è la capitale del carretto siciliano. Il carradore che si ricorda è Francesco D’Agata che impiantò quest’arte nella cittadina” ; grazie a questa pubblicazione possiamo apprendere come alla fine del settecento, con la realizzazione delle regie trazzere, questo mezzo di trasporto si radicò nella cittadina del casalotto, i siti dove erano allocate le botteghe, vengono inoltre ricordati gli artigiani-artisti dell’epoca d’oro, ovvero tra la fine dell’ottocento e la fine degli anni “40 del novecento, a cominciare dal decano dei mastri carradori Rosario D’Agata. Fu grazie a tutti loro che Aci S. Antonio divenne patria riconosciuta del carretto siciliano.
L’opera ha un merito particolare, ancor prima di essere pubblicata, a cura dell’autore, la ricerca è stata utile alla recente realizzazione del Museo del Carretto di Aci Sant’Antonio, ad essa infatti hanno attinto gli autori dell’allestimento museale e le biografie contenute in essa contenute sono state fondamentali per l’iscrizione di 6 artisti del carretto santantonese nel Registro delle Eredità Immateriali- Libro dei Tesori Umani Viventi della Regione Siciliana.
Il libro, stampato nel luglio scorso presso la Simeto Docks Srl di Catania (stabilimento tipografico ETIS 2000 di LA SICILIA), è acquistabile telefonando al 347 5382517.
L’opera ha ricevuto il patrocinio gratuito della Provincia Regionale di Catania e l’apprezzamento di varie istituzioni e associazioni culturali per l’alto valore scientifico utile alla salvaguardia della memoria storica e della identità siciliana, si compone di 120 pagine formato 29 X 24 in carta patinata opaca stampa a colori e foto d’epoca in B/N.
Il libro è stato stampato interamente a spese dell’autore, il geometra Giuseppe Di Bella, funzionario ANAS in pensione, senza contributo alcuno ed è acquistabile telefonando anche all’autore stesso al n° 335 7370821.
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