“E’ necessario innalzare il livello di vigilanza” nei confronti di Cosa nostra “a fronte di segnali che, divergendo dalla strategia di silente sommersione, sembrano propendere verso derive di scontro ancora da ben decifrare”. E’ l’allarme lanciato dalla Direzione nazionale antimafia nell’ultima relazione semestrale al Parlamento (luglio-dicembre 2013), diffusa ieri.
Secondo la Dia la mafia siciliana sta puntando a rapporti sempre piu’ stretti con “pezzi significativi dell’economia locale. Tale legame – si legge nel documento – alimenta il potere mafioso, contamina la dimensione socio-culturale del territorio, frenandone lo sviluppo e impedisce l’evoluzione verso un moderno sistema di governance.
“Nella provincia di Catania – c’e’ scritto nella relazione- la situazione della criminalità’ organizzata, è estremamente complessa e tendenzialmente policentrica a causa dell’elevato grado di instabilità che, da tempo caratterizzano la maggior parte dei gruppi locali, specie quelli operanti nel capoluogo. I sodalizi risultano fortemente restii ad accettare ogni forma di inquadramento gerarchico e, al contempo, manifestano la persistente tendenza a disattendere gli accordi interclanici. I numerosi interventi di polizia costituiscono altra causa di forza maggiore per una silente rimodulazione”.
“Gli schieramenti dei clan – continua la relazione- risultano pressoché invariati: da una parte il clan Santapaola-Ercolano, Mazzei e Laudani, dall’altra il clan Cappello-Bonaccorsi che sostanzialmente controlla ( pur concedendo ampia autonomia) i reduci dei clan Sciuto, Pillera e Cursoti. Gli organigrammi interni delle varie consorterie hanno, invece risentito degli arresti eseguiti nel corso delle operazioni di polizia e si alimentano di nuovi “arruolamenti” tra le fasce giovani, attratte da facili guadagni. La rimunerazione degli illeciti traffici ( sopratutto lo spaccio di stupefacenti) e opportuni contatti diplomatici oer la risoluzione di divergenze, favoriscono un certo equilibrio. SI ratta, comunque, di una pace armata attesa la continua scoperta di arsenali di armi e munizionamento da guerra, nella disponibilità dei vari clan”.
Ecco la mappa dei clan a Catania.
A San Giovanni Galermo: opera in clan Santapaola-Ercolano. Canalicchio: Laudani. Picanello: Santapaola-Ercolano. Cibali: Cappello. Borgo: Pillera-Puntina. Monte Po e Nesima: Santapaola-Ercolano-Cappello. Civita: Santapaola-Ercolano. Nesima: Cursoti. San Berillo San Cristoforo: Cappello-Pillera-Puntina. Catania: Mazzei. Librino: Santapaola-Ercolano-Cursoti. Zia Lisa:Santapaola-Ercolano.
Ecco la mappa dei clan in provincia di Catania:
Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Giardiani Naxos, Taormina: Pillera-Puntina. Bronte, Cesarò, Maletto, Maniace e Misterbianco: Mazzei. Calatabiano, Catenanuova, Porto Palo e Capo Passero: Cappello. Acireale, Adrano, Belpasso, Fiumefreddo, Giarre, Gravina di Catania, Mascalucia, Paternò, Randazzo, Riposto, San Giovanni La Punta, San Gregorio, Tremestieri, Viagrande e Zafferana Etnea: Laudani. Acicatena, Aci Sant’Antonio, Acireale, Adrano, Bronte, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Palagonia, Paternò, Santa Venerina, Zafferana: Santapaola-Ercolano. Caltagirone, Castel di Iudica, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone, Militello Val di Catania, Mineo, Palagonia, Ramacca, San Cono, San Michele di Ganzaria: La Rocca. Scordia e Vizzini: Sciuto-Tigna.
“Il contesto criminale è talmente mutevole che appena un personaggio di spicco delle varie consorterie riacquista la libertà dopo un periodo determinato, riesce immediatamente a intessere relazioni con i rappresentanti di altre famiglie mafiose catanesi e palermitane allo scopo di creare una locale rete di spaccio. Le associazioni criminali, – continua la relazione- oltre alla gestione degli stupefacenti , sono prevalentemente dedite alla intercettazione di risorse pubbliche e, più in genere, alla commissione di estorsioni ai danni di qualsiasi attività imprenditoriale e di esercenti professioni di interesse, curando contestualmente, il prolifico settore usura”.
“Le operazioni di polizia, condotte nel semestre, evidenziano uno spiccato dinamismo della famiglia Santapaola e di alcuni sodalizi collegati, in particolare La Rocca, Laudani e Mazzei e, per lo schieramento opposto, del clan Sciuto. Nello stesso periodo, – continua la relazione- a seguito dello scioglimento del consiglio comunale di Mascali, disposto per infiltrazioni mafiose il 9 aprile 2013, l’ulteriore sviluppo delle indagini ha disvelato altre connivenze finalizzate alla emanazione di provvedimenti favorevoli ad interessi mafiosi. L’esame delle segnalazioni inerenti ai reati spia, nel semestre, registra un leggero aumento degli incendi e dei danneggiamenti a seguito d’incendio a fronte di una flessione di altre fattispecie delittuose”.
L’ultima relazione della Dia al Parlamento conferma aggressività e la forza dei poteri mafiosi a cui si contrappone un apparato investigativo e di contrasto di grande professionalità, di cui abbiamo apprezzato il lavoro nel corso delle numerose audizioni e missioni svolte dalla Commissione parlamentare Antimafia”. Lo dice in una nota Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia.
Secondo Bindi “l’allarme della Dia su livelli di rischio più’ elevati deve far crescere l’attenzione nella lettura delle nuove sfide. In particolare al nuovo profilo imprenditoriale delle mafie e alle infiltrazioni nell’economia legale e negli appalti pubblici. Non a caso, la Commissione Antimafia ha avviato alcuni focus di approfondimento sui rapporti tra mafie e pubbliche amministrazioni – da Expò 20015 alla ricostruzione in Abruzzo alla presenza nelle regioni settentrionali – mantenendo alta l’attenzione sui territori più esposti all’intimidazione e alla violenza delle cosche, come la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia”.