ACI BONACCORSI – Quasi in parallelo alla maratona manzoniana che si è svolta in questi giorni a Milano, nella cittadina di Aci Bonaccorsi, con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale, che per l’occasione ha offerto la sala ‘Prisma’ del Palazzo Recupero–Cutore, nei giorni scorsi, sono stati tenuti due incontri sul tema “Invito alla lettura de I Promessi Sposi – conversazioni e letture del romanzo manzoniano”. Durante il primo incontro lo studioso Salvatore Daniele, con dovizia di particolari e cura nell’esposizione, ha messo in luce la modernità del romanzo e ha concentrato l’attenzione sul fascino che esso ha esercitato su Sciascia.
È stato sottolineato come lo scrittore siciliano definisca il romanzo “inquieto”, senza nessun lieto fine, e, in linea con la chiave di lettura adottata, affidi il ruolo di protagonista a Don Abbondio e a tutto il suo “sistema” di vita, allontanandosi in tal modo dalla linea interpretativa che riservava tale ruolo alla Provvidenza. Il relatore ha esposto poi le sue considerazioni in merito e, pur aderendo alle posizioni di Sciascia, ha avanzato una lettura critica assai interessante e innovativa, discostandosi dalla linea sciasciana nel ritenere l’Innominato il vero protagonista del romanzo. La sua presenza segnerebbe infatti uno spartiacque fondamentale nell’evoluzione della trama e incarnerebbe l’espressione più alta della Provvidenza manzoniana: senza di lui i due piani del divino e dell’umano sarebbero rimasti separati e la forza della fede sarebbe rimasta confinata alla sola dimensione spirituale; la sua conversione permette invece di riconoscere il limite ontologico dell’uomo e la sua azione successiva di incidere sulla sfera umana. Nell’ambito della lettura sciasciana de I Promessi Sposi suggestiva è stata l’analisi sul “sistema” realizzato da Manzoni allo scopo di mettere in evidenza l’immagine negativa di un modello ideale di Stato.
L’opera può a ragione essere definita un romanzo risorgimentale in quanto si mostra “agenda” su come non avrebbe dovuto essere la nuova Italia. Nel corso del secondo incontro ampio spazio è stato riservato alla lettura di alcuni brani tratti dal romanzo. A cimentarsi in queste letture è stata l’attrice Maria Barbagallo che ha mostrato grande abilità nel farsi mediatrice fra il pubblico e le dettagliate descrizioni e tematiche sociali delle quali si sostanzia il romanzo. Tra i passi scelti per le letture del romanzo manzoniano è apparso d’obbligo l’incipit del romanzo, in cui l’adesione alla natura dei luoghi ben esprime il taglio realistico dell’opera. In questo contesto il relatore ha avuto cura di sottolineare la tecnica cinematografica utilizzata dallo scrittore nella descrizione paesaggistica: dall’inquadratura generale ci si muove poi a quella del particolare, quasi attraverso un vero e proprio zoom. In linea con quanto detto durante il primo incontro, un’altra lettura d’obbligo è parsa quella concernente il “sistema” di Don Abbondio, personaggio considerato da Sciascia – non dimentichiamolo – il protagonista del romanzo.
In un contesto sociale in cui “l’impunità era organizzata”, si può a buon diritto parlare di un sistema mafioso lombardo del Seicento e trova così spiegazione il fascino che l’opera manzoniana ha esercitato su uno scrittore siciliano come Sciascia.
Il personaggio di Don Abbondio rimane del resto l’espressione più alta non solo del periodo storico esaminato dal Manzoni, ma soprattutto delle debolezze umane senza tempo: dimostra come “andava il mondo nel diciassettesimo secolo” e come va ancora ai nostri giorni.
Il sistema di vita costruito dal nostro curato si fa carico di portare in superficie la modernità del testo che si precisa in questo caso attraverso la logica del relativismo: la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’uno e dell’altra. L’ultimo e forse il più significativo dei brani letti è stato il dialogo dai toni spiccatamente moderni tra Renzo e il dottor Azzeccagarbugli. Il quadro che Manzoni ci presenta è ancora una volta un monito per i lettori, in quanto disegna l’immagine di una giustizia inesistente, asservita ai potenti e funzionale a un’interpretazione soggettiva: “a saper leggere le grida nessuno è reo e nessuno è innocente”. In conclusione si è trattato di una conferenza dai toni vivaci, in cui, anche attraverso il dibattito, è stata messa in luce la forza e la grandezza dell’opera manzoniana che, pur essendo un romanzo storico, sfida il tempo e si attesta su posizioni universali, dimostrando come la letteratura vada oltre i limiti temporali e si mostri capace di cogliere le pieghe più nascoste dell’animo umano, di riferirci non le leggi che attengono la società ma quelle che riguardano l’essere umano.
Lucia Basile (docente di Lettere)