Rio Paranà, al confine tra Brasile, Uruguay e Argentina.
Fin dal 1752 i Gesuiti hanno cercato, con la loro Evangelizzazione, di salvaguardare i Guaranì che vivevano la loro vita tranquilla nei territori che Dio gli aveva assegnato.
Fin da allora, però, questo popolo ha sofferto i soprusi di Spagnoli e Portoghesi che vicendevolmente li riducevano in schiavitù, occupandone le terre.
Da quella data ad oggi tanto si è detto in loro favore, ma ben poco si è fatto.
Ho avuto modo di constatare, visitando le aldeas di Puerto Iguazú (in Argentina) e di Foz de Iguazú (in Brasile) che ancora oggi, al contrario di come si dice e si pensa, questo popolo è fortemente minacciato.
Parlando con diversi operatori turistici della zona, ho saputo anche che parte dei loro proventi vanno in beneficenza per la causa Guaranì, appoggiandosi ad un’associazione governativa. Ma confrontando quanto detto con i caciques (i capi tribù) dei vari villaggi, vengo a scoprire che a loro arriva ben poco.
La maggior parte dei Guaranì sono ammassati in minuscole riserve dove non hanno terra sufficiente da coltivare e quindi non riescono a provvedere al loro sostentamento. Il sovraffollamento sta provocando alti tassi di suicidi, di alcolismo e di violenza, e ha gettato i bambini in una gravissima condizione di malnutrizione, per non parlare del fatto che non riescono, nella maggior parte dei casi, ad ottenere una scolarizzazione primaria adeguata, sognandone utopisticamente una almeno secondaria..
Bisogna quindi fare immediatamente i passi necessari per aiutare i Guaranì a identificare e demarcare tutti i territori rivendicati. Il lungo ritardo nel riconoscimento dei loro diritti territoriali sta mettendo a rischio la salute e la sicurezza degli indios, sempre più spesso vittime di intimidazioni, violenze e assassinii da parte di sicari e guardie armate che agiscono nel totale disprezzo della legge.
Se e fino a quando i diritti alla terra dei Guaranì non saranno stati pienamente riconosciuti, temo che la situazione non potrà che peggiorare. Il governo argentino e quello brasiliano devono intervenire immediatamente per impedire questi crimini esecrabili.
Mario Macrì
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