In un interessante post di Don Giuseppe Guliti, apparso su Facebook qualche giorno fa, vengono identificati i resti, staordinariamente conservati, dell’antico priorato di Santa Maria la Cava, una volta esistente nel territorio di Viagrande.
I priorati benedettini situati alle pendici dell’Etna hanno una rilevante importanza per la genesi dei primi insediamenti umani organizzati nati nell’epoca Normanna per iniziativa monastica. Insediamenti, peraltro, che hanno dato origine ad alcuni degli attuali comuni dell’area ionico-etnea.
Nei prossimi giorni pubblicheremo in questo sito alcuni contributi sul tema che reputiamo interessante ma poco conosciuto. In particolare: un articolo di Saro Bella, apparso in Agorà 2012, che tratta del priorati acesi posti nelle marine di Aci e alcuni inediti di Don Giuseppe Guliti che con competenza e passione si occupa da tempo di ricerche sull’argomento nei vecchi volumi dell’archivio della diocesi di Catania, dove ricopre la carica di vicecancelliere.
In attesa della pubblicazione, riportiamo quanto scritto da Don Giuseppe Guliti, insieme alle interessantissime foto del priorato come oggi appare:
“Per la storia di Viagrande: Ruderi dell’antico priorato del XIV-XV sec di S. Maria la Cava a Viagrande. Dal 1446, data in cui il priorato passa dalle dipendenze dell’Abbazia di S. Nicola l’Arena a quelle di S. Agata (Cattedrale), e sino a tutto il 1800 il Vicario Capitolare della diocesi Catanese si fregiava del titolo di priore di S. Maria la Cava. La proprietà oggi è del Sig. Musumeci che gentilmente mi ha concesso di potere scattare queste foto. Con sorpresa mi sono accorto che oltre alla chiesa, sopra il cui portale vi è scolpita la data del 1538, sono presenti pure resti di una antica torre di difesa, anteriore sicuramente alla chiesa, dotata di feritoie per avvistamento. In questo luogo suggestivo, sino al 1800 circa si festeggiava la S. Vergine sotto il titolo della Cava e del “SS.mo Bambino”, festa che sicuramente era sentita per la gente del posto tanto che veniva chiesto al vescovo il permesso di potere fare la questua nel territorio della diocesi. Il proprietario quando ha sentito la storia è rimasto affascinato e mi ha promesso che farà di tutto per conservarne la memoria sperando di poterlo recuperare dal punto di vista artistico”.
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