"Ascuta ca cuntu e senti chi dicu" di e con Alfio Patti

DOMENICA 24 FEBBRAIO 2013 – ORE 19,00

al Teatro L. Sciascia di Aci Bonaccorsi (via Garibaldi, 44)

info e prenotazioni   335 5960244   |   320 6623893   |   095 7899486

 

“Munnu ha statu e munnu è” Nevveru?
Vuatri u sapiti e pirchissu ni futtiti.

Ci vulussi na bbona orazioni:
“Tagghiu purpu e tagghiu vinata
tagghiu ’sta vina nsanguinata”.

Ma ccu sti cunsunti nenti ci po’.
Non sulu!

Vittimi e carnefici
ficiru società
e i pueti arristaru fora.

(Orfanu – da: “Cca sugnu”)


Cuntare e cantare sono due discipline artistiche distinte e separate ma se messe insieme riescono a creare una sorta di magia capace di rendere il “reale” immaginario e indurci a immaginare una possibile realtà. Quale realtà stiamo vivendo oggi?
“Ci hanno svenduto il passato, ipotecato il futuro e ci stanno facendo vivere un presente pieno di fatica e odio”.
Dunque, “cchi vuliti ca vi cuntu,  / vistu ca vittimi e carnefici ficiru paci / e s’â pigghiaru ch’i pueti?”

La Giustizia è l’argomento di cui si parla spesso, oggi come ieri.
In Sicilia, la parola “giustizia” assume un significato particolare. Soprattutto per il popolo siciliano è stata sempre un miraggio, una chimera, un’utopia.
Da qui la rassegnazione, soprattutto del popolo, nel rinunciare a vedere la sua realizzazione.
La Rassegnazione come forma per sopravvivere alla durezza del suolo di Sicilia; alla durezza della vita stessa.
Il popolo, quindi, ha trovato in Cristo il proprio rifugio. Non c’è poesia d’amore, di lotta, di lamento o di protesta che non faccia riferimento a Cristo, come a dire “cumpagnu a dolu gran cunsolu” e “se il figlio di Dio, l’unto, Cristòs, ha patito quel che ha patito” – pensa il contadino -, figuriamoci noi poveri peccatori.

Questo tipo di rassegnazione ha fatto nascere motti come “Spissu s’hannu a vasari ’i manu a cu’ si merita tagghiati”, oppure “Quannu tira ventu fatti canna”, “Quannu vinciri nun si po’ si cerca la paci” o ancora “Munnu ha statu e munnu è”: pazzesco!
Questa di “Munnu ha statu e munnu è” è una concezione che non ha mai permesso di cambiare le cose ma è vero anche che mai frase è stata così vera, perché di fatto, in Sicilia, non cambia mai nulla.
Può, allora, la parola e la poesia e il canto incidere sulle coscienze delle persone? Può la poesia cambiare le cose? I poeti ci sperano, esiliati come sono nell’isola di “Poésia” e sanno che i Governi hanno paura di loro (si vedano Lorca e Pasolini); i poeti sanno di non possedere né bome né cannoni, sanno, di certo, di possedere l’unica arma del nostro Tempo: la parola.
Buon divertimento.

Alfio Patti

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