La Camera dà il via libera definitivo al taglio di 20 deputati dell’Ars dalla prossima legislatura. L’approvazione della riforma costituzionale dello Statuto sulla riduzione da 90 a 70 dei deputati dell’Ars, è stata salutata con soddisfazione, “perché con 20 deputati in meno l’Ars – sostiene l’ex deputato regionale del Pd, Giovanni Barbagallo, che è stato il promotore del disegno di legge -, risparmierà 6 milioni di euro l’anno, 30 milioni in 5 anni. La legge sarebbe entrata in vigore sin dall’attuale legislatura se il presidente Lombardo non si fosse dimesso, determinando la fine anticipata della legislatura e se il disegno di legge non fosse stato bocciato in commissione per ben due volte. Il risultato, purtroppo, è che la riduzione dei consiglieri in Friuli ed in Sardegna partirà da subito mentre in Sicilia occorrerà aspettare la prossima legislatura“.
Riportiamo di seguito il testo integrale della proposta, così come era stata presentata all’origine.
‘Modifiche dello Statuto della Regione Siciliana’
RELAZIONE DEL DEPUTATO PROPONENTE
Onorevoli colleghi,
dopo la proposta del governo nazionale di ridurre il numero dei parlamentari in Sicilia da 90 a 50 l’approvazione di un disegno di legge costituzionale non è più rinviabile.
Sarebbe sbagliatissimo impugnare il decreto Tremonti nella parte che riguarda la riduzione dei consiglieri regionali. Il mio disegno di legge di riduzione dei deputati regionali da 90 a 70 è stato bocciato due volte in commissione. Dovrebbe ora essere nuovamente inserito all’ordine del giorno della commissione affari istituzionali, secondo quanto è stato stabilito dall’Aula.
E’ chiaro che, alla luce delle mutate condizioni sociali e politiche, occorre una maggiore semplificazione del nostro parlamento regionale.
Con il presente disegno di legge si propone, pertanto, una riduzione di 40 deputati regionali attraverso la modifica dell’articolo 3 dello Statuto siciliano.
Si tratta, ovviamente, di un disegno di legge-voto che deve essere approvato, oltre che dall’Assemblea regionale siciliana, anche dal Parlamento nazionale in doppia lettura.
Siamo quasi alla fine della legislatura e potrebbero non esserci più i tempi per l’approvazione definitiva con la procedura costituzionale prevista.
Sarebbe, comunque, importante che almeno lo approvi l’Assemblea regionale siciliana, anche per dare un segnale di inversione di tendenza.
Se i consiglieri regionali venissero ridotti soltanto nelle regioni a statuto ordinario si dimostrerebbe che la Sicilia è una zona franca nella quale la classe dirigente non è in grado di fare sacrifici.
Invocare l’autonomia per evitare di ridurre i deputati regionali significherebbe sfidare il buon senso in una regione che ha l’indice di povertà più alto in Italia.
Il presente disegno di legge vuole migliorare anche il funzionamento dell’Assemblea e ridurre i costi, nell’ambito di un’auspicata maggiore sobrietà di tutte le istituzioni centrali e periferiche.
Da una parte si auspica uno snellimento delle assemblee, con conseguente fluidificazione dell’attività; dall’altra si chiede che venga dato un esempio virtuoso di contrazione delle spese riferite al numero dei membri delle assemblee e a quanto ad esse consegue, in personale e mezzi, per lo svolgimento delle proprie attività. Non c’è una corrispondenza fra poteri e numero di rappresentanti. I Lander (ad esempio la Renania del nord e la Baviera) che sono potentissime, non hanno rappresentanze ampie. È vero, invece, al contrario. Meno sono i rappresentanti, maggiore è il loro prestigio e il loro potere di influenza.
La riduzione del numero complessivo dei deputati e dei senatori è rimasta continuamente nell’agenda parlamentare nazionale a partire dal progetto di legge costituzionale approvato il 30 giugno 1997 dalla commissione per la riforma costituzionale presieduta da D’Alema, fino alla riforma approvata dalla maggioranza di centrodestra e successivamente respinta dal referendum popolare del 25 e 26 giugno 2006. Il testo della bicamerale prevedeva la riduzione rispettivamente a 400 e a 200 dei deputati e dei senatori.
Dopo il periodo fascista una presenza numerosa dei rappresentanti del popolo nelle assemblee elettive fu ritenuta necessaria al fine di affermare i principi della partecipazione democratica, ma oggi l’orientamento prevalente va in direzione costante di rafforzamento del ruolo degli esecutivi. Un sistema di controllo e di indirizzo più efficace si può realizzare con organismi più snelli e funzionali. La dignità del nostro Parlamento si salvaguarda, in ogni caso, con una maggiore produttività e con un impegno più rigoroso da parte di tutti i deputati che dovrebbero assicurare una più costante e puntuale presenza in aula. Nessuno mai ha pensato che i costi della politica si riducono soltanto riducendo i deputati, sappiamo tutti bene che si potrebbe intervenire sulle indennità aggiuntive, sui consulenti, sugli enti inutili, sugli uffici di gabinetto, ma, il problema è che questi argomenti vengono affrontati soltanto a parole, senza mai intervenire concretamente.
La mia proposta ha soltanto l’obiettivo di rispondere ad un alleggerimento funzionale ed economico del parlamento siciliano, anche a prescindere dalle più complessive riforme. Non vorrei, infatti, che aspettando la mitica riforma organica non si inizi mai. La riconsiderazione complessiva dello statuto è urgente, ma, finora, non c’è stata la volontà politica necessaria. Siamo ormai condizionati dal dibattito nazionale e dalle scelte che si rivelano sempre più penalizzanti per la Sicilia.
Il federalismo in atto sembra una vittoria simbolica della Lega, ma dal punto di vista reale non intercetta uno che sia uno dei problemi del Mezzogiorno.
Aspettare che la legge sul federalismo vada a regime senza avanzare una proposta di modifica dello Statuto siciliano al Parlamento nazionale è un grave errore. Non avere un’idea su quello che dovrà essere preservato della nostra autonomia è molto rischioso.
In un momento di cambiamenti istituzionali così importanti e di fronte alle drammatiche condizioni dell’economia siciliana non ci possiamo certamente permettere un ruolo passivo.
Di federalismo si può anche morire! Il decreto sulla fiscalità locale approvato dal Governo nazionale è lesivo delle nostre prerogative autonomistiche ed in contrasto con la stessa legge delega la quale prevede che il federalismo debba essere realizzato senza aumentare la pressione fiscale per i cittadini. Il rischio che le tasse in Sicilia vengano, invece, ulteriormente aumentate è concreto. La Regione per recuperare i minori trasferimenti dello Stato sarebbe costretta ad aumentare l’addizionale IRPEF dall’1,4 per cento al 3 per cento e a mantenere l’IRAP per le imprese. Per non parlare delle nuove tasse che dovrebbero aggiungere gli enti locali (tassa di soggiorno, IMU ecc.).
Siamo ancora in tempo poiché la legge delega in atto è un contenitore vuoto che non stabilisce quali saranno i costi del federalismo, né chi paga, né come vengono finanziate le funzioni. È necessario definire preliminarmente i livelli essenziali di assistenza, i livelli minimi delle prestazioni e la perequazione infrastrutturale. La trattativa sul federalismo non può essere, comunque, condotta soltanto sugli equilibri nazionali.
La preoccupazione di perdere anche quello che abbiamo è infondata poiché le prerogative del nostro statuto sono state già ampiamente disattese. Basti pensare, ad esempio, che il fondo di solidarietà previsto dall’articolo 38 è stato, nel corso degli anni, sempre più ridimensionato e che la Corte costituzionale si è pronunciata contro l’articolo 37, il quale, come è noto, prevede che le aziende paghino le imposte dove operano e non dove hanno le sedi legali. Di fronte ad una politica del Governo nazionale antimeridionalistica non possiamo restare inerti. Occorre una straordinaria mobilitazione da parte di tutti i rappresentanti politici siciliani.
Il tema della riduzione dei deputati è tornato di recente alla ribalta ma non è nuovo nel dibattito parlamentare. Rappresenta da tempo un’istanza largamente condivisa da parte di tutte le forze politiche. Nella nostra regione tanti anni fa è stato presentato un disegno di legge per la riduzione dei deputati regionali da parte del collega on. Lillo Speziale.
La scelta di ridurre non delegittima il ruolo dei deputati regionali ma lo esalta. Non si tratta, infatti, di una scelta simbolica ma di un tentativo serio di valorizzazione del ruolo del parlamentare siciliano il quale non può restare inerte di fronte alla crescente impazienza dell’opinione pubblica. In Sicilia si è affermata sempre di più la cultura della dissipazione clientelare delle risorse in un contesto di sostanziale irresponsabilità. E ciò appare tanto più riprovevole in quanto il sistema sembra talora impermeabile alla grave crisi della finanza pubblica.
L’aggiornamento e l’integrazione dello Statuto speciale della Regione è, pertanto, necessario per renderlo più aderente alle esigenze di una regione moderna e conforme alle acquisizioni più attuali di natura istituzionale, giuridica, culturale e sociale.
Nella scorsa legislatura, come è noto, l’Assemblea regionale siciliana propose un progetto di legge costituzionale che conteneva modifiche ed integrazioni rilevanti e tali da determinare quello auspicato adeguamento alle mutate esigenze del popolo siciliano e della autonomia speciale nel quadro dell’unità nazionale che privilegia lo Stato regionalista all’interno dell’UE.
Il progetto fu approvato ed inviato al Parlamento nazionale per l’avvio dell’iter costituzionale previsto. Lo scioglimento delle Camere impedì che l’argomento venisse iscritto all’ordine del giorno e, pertanto, fu vanificata la legittima aspettativa di poter disporre di un nuovo Statuto regionale.
E’ ovvio che l’attuale Assemblea regionale e le forze politiche e parlamentari dovranno avviare un ampio confronto per definire, in tempi brevi, una nuova proposta di riforma dello statuto autonomistico.
Nelle more di tale approvazione è necessario dare segnali forti nella direzione dell’ammodernamento dell’apparato costituzionale, con lo scopo, non solo di contenere i costi del suo funzionamento, ma anche di introdurre elementi di semplificazione e snellimento.
La Sicilia, insomma, e per essa l’Assemblea regionale siciliana, non può sottrarsi alla necessità di dare vita ad una politica di rigore e di sana amministrazione, sia per recepire la forte richiesta proveniente in tal senso dai cittadini, sia per introdurre elementi di modernizzazione volti a creare apparati, uffici e strutture meno elefantiache, tali da pesare in maniera proporzionata ed accettabile sulle pubbliche finanze regionali.
In tal senso si potrebbe sin d’ora trovare un ampio accordo politico e parlamentare per approvare una modifica dell’articolo 3, comma 1, dello Statuto della Regione siciliana, nel senso di diminuire il numero dei deputati regionali, che costituiscono l’Assemblea regionale siciliana, dagli attuali 90 (novanta) a 50 (cinquanta).
Tale riduzione si rende opportuna anche effettuando un raffronto con i dati provenienti dalle altre regioni: l’Assemblea regionale siciliana ha il numero più alto (in termini assoluti) di componenti. Considerando la proporzione tra abitanti e consiglieri, il dato siciliano (1 deputato ogni 55.746 abitanti) è in stridente contrasto con altre regioni, come, ad esempio, la Lombardia, regione nella quale vi è un consigliere ogni 118.440 abitanti.
Anche in Emilia Romagna, in Veneto, nel Lazio, in Piemonte e in Puglia il rapporto abitanti/consiglieri risulta più congruo di quello registrato in Sicilia.
L’Emilia Romagna è la regione più simile alla Sicilia poiché ha lo stesso numero di province (9) e un’estensione del territorio quasi uguale (25.000 km² la Sicilia; 22.400 km² l’Emilia). La retribuzione dei consiglieri regionali in Emilia è di 5.666 euro al mese, cifra alla quale è stata applicata una ulteriore riduzione del 10% con una deliberazione del dicembre scorso. In Sicilia è 9.465 euro netti al mese. Le cifre del bilancio del consiglio regionale dell’Emilia Romagna prevede uscite pari a 56.604.601 euro, mentre il bilancio dell’Ars prevede uscite pari a 172.528.313 euro. Per le spese di rappresentanza l’Ars prevede 1.105.000 di euro l’Emilia soltanto 64.168 euro. Per le missioni dei dirigenti regionali della Sicilia sono state previste, nel bilancio preventivo del 2011, 400 mila euro per i consiglieri regionali dell’Emilia Romagna 115 mila euro. In Emilia ci sono 50 consiglieri, in Sicilia 90. per il vestiario dei commessi in Emilia sono stati stanziati per il 2011 41.204 euro mentre all’Ars ben 400 mila euro. Certo la Sicilia è una regione a statuto speciale ed ha più spese per mantenere un palazzo prestigioso come palazzo dei Normanni, ma l’Emilia non ha gli stessi problemi della Sicilia in termini di disoccupazione e povertà. A maggior ragione dovremmo fare in modo che la specialità non significhi soltanto privilegi per pochi.
L’obiezione secondo la quale in Sicilia ci dobbiamo parametrare alle regioni a statuto speciale è poco convincente poiché si tratta di realtà diverse. Non è detto, in ogni caso, che si debba fare riferimento agli esempi meno virtuosi.
Con quaranta deputati in meno la Regione risparmierebbe oltre quattordici milioni di euro l’anno. Al di là della spesa si pone un problema di oggettivo riequilibrio. I numeri parlano chiaro. La Sicilia, infatti, ha il numero di deputati regionali più alto in termini assoluti: Abruzzo 45, Basilicata 30, Calabria 50, Emilia Romagna 50, Friuli Venezia Giulia 59, Lazio 71, Liguria 40, Lombardia 80, Marche 40, Molise 27, Piemonte 63, Puglia 70, Sardegna 80, Sicilia 90, Toscana 65, Trentino Alto Adige 70, Umbria 30, Valle D’Aosta 35 e Veneto 60.
Altre regioni hanno ridotto i loro consiglieri regionali e molte proposte analoghe sono state presentate da parte di tutti i partiti alla Camera e al Senato. La Sicilia non può continuare a detenere, anche in questo campo, il primato italiano, specie in un periodo come quello attuale.
La riduzione del numero dei deputati regionali riveste una forte valenza. L’Assemblea regionale siciliana si potrebbe mettere nelle condizioni di richiedere, con maggiore autorevolezza e credibilità, sacrifici alle assemblee degli enti locali territoriali, in direzione della riduzione dei componenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali e del contenimento dei costi della politica.
Non si può tollerare la riduzione, già fatta degli assessori comunali, senza che la regione dimostri la propria capacità di autoriformarsi. L’idea che i sacrifici debbano essere fatti sempre dagli altri deve essere superata. A livello nazionale ed europeo capirebbero che la Sicilia non detiene soltanto primati negativi, ma è in grado di esprimere una volontà riformatrice positiva. Il dibattito sul federalismo si arricchirebbe di una scelta importante.
—O—
DISEGNO DI LEGGE DI INIZIATIVA PARLAMENTARE
Art. 1.
Riduzione del numero dei deputati1. Al comma 1 dell’articolo 3 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con Regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, e convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, modificato con legge costituzionale del 23 febbraio 1972, n. 1, con legge costituzionale 12 aprile 1989, n. 3 e con legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, la parola ‘novanta‘ è sostituita dalla parola ‘cinquanta‘.
Alla fine i deputati sono scesi a 70 e non a 50, ma è già un passo avanti.
A sostenere Barbagallo in questo disegno sono stati: Antonio Rizzo e Salvo Patanè (consiglieri provinciali), Totò Mastroianni (sindaco di Santa Maria di Licodia), Claudio Nicolosi (presidente del Consiglio comunale di Gravina), Alfio Cristaudo (presidente del Consiglio comunale di Pedara), Giuseppe Gemmellaro (presidente del Consiglio comunale di Nicolosi), Lorenzo Zappalà (vice sindaco di Mascalucia), Mariella Merendino e Cettina Sottosanti (assessori del Comune di Ramacca), Corrado Petralia (assessore Comune di Riposto), Fabio La Rosa (assessore Comune di Viagrande), Nello Leone (consigliere comunale Viagrande), Antonio Fallica (consigliere comunale di Pedara), Pippo Sapienza (consigliere comunale di Biancavilla), Salvo Cristaldi e Concetto Russo (consiglieri comunale di Trecastagni), Franco Capizzi (consigliere comunale di Castel di ludica), Pasquale Burgio (consigliere comunale di Ramacca), Gaetano Sava (consigliere comunale di Belpasso), Franco Amato (consigliere comunale di Randazzo), i consiglieri circoscrizionali di Catania Emiliano Luca, Diego Favata, Orazio Serrano e Grazia Cantarella, e ancora Francesco Laudani (Pd Catania), Salvo Nicosia (Pd Acireale), Elio Trincali (Pd Acicatena), Cettina Ambra (Pd Trecastagni), Tino Murabito (Pd Belpasso), Giovanni La Piana (Pd Mascalucia), Simona Tudisco (Pd Trecastagni), Giuseppe Bordonaro (Pd Randazzo), Angelo Di Mauro (Pd Riposto), Gaetano Ingaggiato (Pd Acicatena), Nino Longhitano (Pd Pedara), Giovanna Morello (Pd Sant’Agata Li Battiati) Santo Raciti (Pd Santa Venerina), Saro Lizzio (Pd Ramacca), Stani Accurso (Pd Trecastagni), Stelio Pappalardo (Pd Santa Venerina), Orazio Presta (Pd Riposto), Turi Liotta (Pd Adrano), Pino Santoro (Pd Acicatena).
Roma – Ars, la riduzione a 70 deputati è legge (il video)