CATANIA – Hanno chiuso i rubinetti dei loro pozzi privati e non si sono presentati all’incontro indetto dal Prefetto per risolvere la crisi. Si fa ancora più dura nel catanese la battaglia tra l’Acoset, Azienda consorziale servizi etnei, e le società che gestiscono i pozzi “Mangano”, “Sciuto” e “Madonna del Carmine”. Sul tavolo, c’è la guerra sul ripianamento dei debiti che l’Acoset, gestore del servizio idrico integrato per gli utenti della fascia pedemontana della Provincia di Catania, ha accumulato negli anni scorsi. Due rate non sono state saldate, così mercoledì a mezzogiorno è stata sospesa l’erogazione dell’acqua dei pozzi e sono stati chiusi gli acquedotti.
RUBINETTI A SECCO – Il rischio adesso è che i rubinetti restino a secco, anche se dall’Acoset fanno sapere che stanno facendo tutto il possibile per scongiurare tale eventualità. Intanto, uno dei primi effetti è che l’erogazione dell’acqua è stata ridotta, scatenando le proteste e le lamentele dei cittadini. «Nei Comuni come San Gregorio, San Giovanni Galermo, San Giovanni La Punta e Viagrande – assicura all’Italpress il presidente Acoset Fabio Fatuzzo – l’acqua sta arrivando nelle case, anche se con una pressione minore. Per limitare i disagi per gli utenti, stiamo ottimizzando le nostre reti, lavorando per eliminare le perdite, ed aumentando le forniture idriche dagli altri pozzi».
PIANO DI RIENTRO – Saltato l’incontro in Prefettura, ogni problema è rimasto irrisolto. «Abbiamo chiesto l’intervento del Prefetto – continua Fatuzzo – perchè noi abbiamo diminuito il debito e già pagato dieci rate, circa 750 mila euro. Nell’arco di sette anni abbiamo corrisposto in totale 28 mila euro. È vero che siamo indietro del consumato di luglio e di agosto, ma provvederemo già oggi: con la situazione economica attuale, quale è l’azienda che è in regola con i pagamenti?». Il piano di rientro prevede quaranta rate: soldi importanti per i tre pozzi, visto l’aumento delle bollette per l’energia elettrica necessaria ad alimentare il sistema di sollevamento delle acque. Da parte loro, i rappresentati dei pozzi ribadiscono che il mancato rispetto del patto, da parte di Acoset, ha causato la protesta e la successiva chiusura degli acquedotti.