Quale miglior contesto, se non quello siciliano, per ambientare gli intrighi, le inconfessabili verità, le burle e gli imbrogli della terza novella della nona giornata del “Decamerone” di Boccaccio, una delle opere più note ed irriverenti della letteratura italiana? La lingua, gli umori e le caratteristiche della gente dell’isola si incastonano nell’umanità boccaccesca, in cui intelligenza e arguzia si propongono in maniera irriverente e mai scontata, con “La beffa”, commedia di Aldo Lo Castro andata in scena al Teatro Tezzano di Catania e al Teatro comunale Leonardo Sciascia di Aci Bonaccorsi, proposta dal Teatro degli Specchi in collaborazione con Aulos – Centro ricerche tradizioni popolari, nell’ambito del cartellone “Cocktail Theatre – Itinerario 2012”.
Con la regia curata dallo stesso Lo Castro e da Marco Tringali, il numeroso pubblico intervenuto non è riuscito a trattenere le risate al cospetto della vis comica che prorompe dalla trama boccaccesca in cui diversi personaggi seducono lo spettatore in quanto posseggono uno spessore e un “taglio teatrale” di non poco conto.
Il mondo descritto dal Boccaccio, ricco di avventurieri, imbroglioni, beffeggiati e beffeggiatori, donne disinibite e disponibili, è stato ben delineato dall’autore utilizzando le divertenti e sempre accattivanti coloriture del dialetto siciliano. E’ Tano (Seby Cantarella) l’avvenente giovincello che trama alle spalle dell’ingenuo e sempliciotto Bernardino (Carmelo Di Benedetto), il Calandrino della novella di messer Boccaccio, per architettare una diabolica ed efficace burla in grado di raggiungere un duplice obiettivo: conquistare, sotto gli occhi dello stesso marito, le grazie di Nedda (Lara Marta Russo) e impossessarsi dell’eredità appena acquisita dal malcapitato. Per ordire il subdolo piano, Tano si serve dell’aiuto del fratello Paolino (Alessandro Giuffrida), che frattanto cerca di suscitare l’amore nel cuore di Carmelina (Chiara Sarra) con non poche difficoltà, e il cantastorie (Raimondo Catania), che insieme al fido musico (Pino Pesce) detta i tempi della pièce, trasformatosi in un improbabile medico.
“Lo confesso, il Decamerone, succulento patrimonio storico – letterario che ci appartiene per legittima eredità, ha finito per stuzzicare anche me, autore e teatrante di frontiera – commenta l’autore e regista Aldo Lo Castro – non me ne voglia lo studioso né il purista se Calandrino è stato ribattezzato Bernardino, se la lingua usata è quella siciliana e se il testo originale ha perso le antiche sembianze per far posto ad una pièce che si snoda rapidamente sui ritmi della commedia dell’arte; non me ne vorrà, ne sono certo, neppure messer Boccaccio il cui spirito scanzonato e licenzioso aleggia allegramente su questa singolare beffa”.