Etna, prima eruzione del 2012

Etna, i colori della prima eruzione del 2012

E’ arrivata prima della Befana. A 50 giorni della precedente attività l’Etna torna in eruzione, ed è la sua ‘prima volta’ del 2012. Lo fa con la ‘consueta’ attività-lampo durata alcune ore ma, come al solito, in maniera spettacolare, come nelle 18 che sono state registrate lo scorso anno. Questa volta però, la consistente emissione di cenere e lapilli, con una nube alta 5mila metri, non ha portato alla chiusura dell’aeroporto di Catania grazie a simulazioni studiate ad hoc dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Di particolare, la prima eruzione dell’anno dell’Etna, ha avuto l’intensità e l’energia. Il vulcano attivo più alto d’Europa ha preparato la nuova fase ‘caricandosi’ da ieri sera, con diverse ore di deboli esplosioni stromboliane all’interno del cratere. All’alba la fase parossistica: fontane di lava da diverse bocche all’interno del cratere e sui fianchi sud-orientale e settentrionale, emissione di colate sia verso sud-est sia verso nord-est, generazione di una colonna di gas e cenere nera alta 5 chilometri. Inoltre, la notevole ricaduta di materiale piroclastico incandescente nella zona sommitale dell’Etna ha generato dei piccoli flussi che hanno invaso terreni coperti di neve, provocando violente esplosioni. Lo spettacolo, visibile da Taormina e anche nella provincia di Siracusa, oltre che da Catania, si è concluso poco dopo le 9.

A preoccupare i siciliani, e i viaggiatori in particolare, è stata l’altissima colonna di cenere lavica e lapilli e il rischio chiusura per l’aeroporto internazionale di Catania. Ma lo scalo è rimasto aperto, anche con delle limitazioni nei voli fino a mezzogiorno che non hanno avuto grosse ricadute su partenze e arrivi. “Lo scalo – sottolinea il direttore dell’Ingv di Catania, il prof. Domenico Patané – non è stato chiuso grazie ai nostri modelli sullo sviluppo delle nubi eruttive: abbiamo realizzato delle simulazioni sull’attività dell’Etna, ‘personalizzate’, che hanno dato esito positivo. Se avessimo applicato i metodi internazionali l’aeroporto sarebbe stato chiuso, invece la nostra previsione di caduta delle ceneri si è rivelata esatta e reale“. Ma il modello realizzato dall’Ingv di Catania è a rischio, perché, sottolinea il vulcanologo Mauro Coltelli “mancano i finanziamenti, e l’Enac non ha trovato le risorse economiche per continuare le ricerche“. “Mancano 200-300 mila euro – chiosa il prof. Patané – e se l’aeroporto chiude un giorno il danno è certamente maggiore…“.

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