Dopo appena una settimana di pausa riprende il 16 luglio l’attività stromboliana al Cratere di Sud-Est, il 17 e il 18 luglio si assiste ad un crescendo.
Alle ore 2,00 del 19 luglio 2011 lava torna nuovamente a scorrere sui fianchi del cono del Cratere di Sud-Est, non ha fatto in tempo a raffreddarsi l’ultimo strato che il vulcano aveva depositato appena dieci giorni prima.
Mi precipito in macchina con treppiede e videocamera per andare a cercare un posto dove poter ammirare l’evoluzione di quello che pare già essere partito come il sesto parossismo.
La strada per Viagrande è totalmente deserta e a tratti buia e sinistra, ogni tanto tra le case e gli alberi appare uno scenario rosso che muta ad ogni porzione di strada. Fermo l’auto in un punto libero da ostacoli e i primi boati mi vengono incontro. Il fianco meridionale del cratere è illuminato ad intermittenza dal ricadere di materiale incandescente e diventa simile a un albero di natale illuminato.
Ore 3,00. Fleri è una piccola frazione della vicina Zafferana Etnea. Un costone nasconde la colata che è già scesa intorno a quota 2800 metri, sagome nere di alberi ne ornano i confini. Voci lontane, lo zampillio di una fontanella che allevia il clima d’arsura che in questi giorni si respira in Sicilia, il resto del silenzio è oppresso dai boati che avanzano nell’aria.
L’ultimo tratto di strada mi permette di vedere in maniera frontale la colata, forse più lenta rispetto a quella dei precedenti eventi ma che scorre e lo si vede bene. Chiudo gli occhi per qualche istante e la mia mente converge le forze sugli organi uditivi, vibrano i timpani ad ogni onda sonora prodotta dal vulcano, mi chiedo come sia possibile dormire.
Dal cratere fuoriescono fontane alte 200 o chissà… 300 metri. Partono verticalmente ma poi deviano per torturare i fianchi roventi. Lapilli grandi quanto automobili si depositano con violenta eleganza e diventano parte del cono come cellule per un vivente.
La colata, superato il cambio di pendenza che la fa gettare in Valle del Bove, inizia a litigare con la gravità e un braccio vince sugli altri, segna il terreno con un continuo rotolare dinanzi di massi incandescenti e velocemente si fa strada, è evidentemente aumentata la portata del flusso e la lava si comincia a spalmare sulla parete.
La curiosità mi porta a passare dalla piazza centrale di Zafferana dove la Chiesa Madre, a voler giocare di ottica, sembra direttamente minacciata dal flusso lavico. Sul fondo dei divertiti e per nulla preoccupati residenti osservano e fotografano la scena.
Mi allontano nuovamente dal paese, difficilmente dormiente e raggiungo una zona circondata da oscure campagne tra cani alla notturna ricerca di cibo e gatti che spavaldi gli attraversano la strada.
La nuvola di cenere è bene illuminata dalla mezza luna, che si trova ormai oltre metà volta, e anche se la videocamera non riesce a riprenderla fa sentire la sua presenza incombente e da un momento all’altro attendo di sentire la pioggia dura sfiorarmi le braccia. Stavolta però ha risparmiato il paese e i suoi borghi ma non si è volatilizzata. Ha annerito piazze e tetti di Milo, ha ricoperto le strade di Giarre e Riposto, sfavoriti dal vento di stasera.
Sono appena passate le 4,00 e i boati sono più forti e secchi di mezz’ora prima. Un orecchio inesperto potrebbe pensare ad un lievitare dell’attività, ma è esattamente il contrario. Il magma ha ormai dato sfogo a gran parte della potenza e inizia a ritirarsi, il condotto viene tappato dal ricadere dello stesso materiale ma il gas non vuole rassegnarsi alle soffocanti viscere e rompe il grumo di roccia per tornare a liberarsi in gagliarde esplosioni che sventagliano alla rosa dei venti brandelli lavici. Ma l’indurirsi della crosta diventa sempre più potente e il gas deve penare ogni volta di più per vincere lo sbarrante processo. Un ultima esplosione illumina l’interno del cratere e un alta raffica di lava in frammenti accompagna visivamente quello che le orecchie attendono. Qualche secondo dopo un tuono di enorme potenza, mi supera e lo riesco quasi a vedere muoversi tra i fili d’erba dei campi. È il grido di un mostro che si sta ritirando, sono ormai le 5,00 del mattino e l’Etna mette la parola fine a questo sesto parossismo. Precede di una mezz’oretta il comparire del sole che da dietro la penisola calabra si affaccia timidamente. Ora ha un suo profilo il vulcano, un suo colore i suoi fianchi e la lava è ormai in raffreddamento.
Gli sono bastati appena dieci giorni per ricaricarsi, quando il prossimo ? E’ l’eterna domanda, che una risposta certa non potrà mai avere. Non dimentichiamoci inoltre che dallo scorso 12 luglio all’interno della Bocca Nuova è presente un attività stromboliana vivace, ricomparsa dopo dieci anni di silenzio. In questo momento è indeciso sul da farsi, dobbiamo aspettare, di sicuro non ci deluderà.
Antonio De Luca
Etna – 19/07/2011