Alte fontane di lava e una colata in Valle del Bove Pioggia di cenere sulla fascia est fino ad Acireale.
CATANIA. Quattro ore e un quarto di fuoco: alle 11 di ieri mattina l’Etna ha scatenato tutta la sua furia, dando vita alla terza fase parossistica dall’inizio dell’anno.
Fontane di lava alte 400 metri, una densa colonna di cenere e gas che ha superato i seimila metri di quota, una colata incandescente che si è riversata all’interno della desertica Valle del Bove, sovrapponendosi ai precedenti flussi ormai freddi e fermandosi a ridosso dei Monti Centenari.
Spinto dal vento, materiale piroclastico è ricaduto sui centri abitati della fascia sud-orientale del vulcano: scorie più grosse (nell’ordine di alcuni millimetri) sui paesi pedemontani come Zafferana, Milo e Sant’Alfio; sabbia nera più sottile a Trecastagni, Viagrande, Aci Catena, arrivando fin giù sulla costa ad Acireale. Investendo anche un’ampia fascia dell’autostrada Catania-Messina.
Ma la pioggia vetrosa è caduta pure a Nicolosi, San Giovanni La Punta e Sant’Agata Li Battiati.
Una spolverata a Catania.
Nessun pericolo per i centri abitati o per le stazioni turistiche.
Subito dopo l’inizio dei fenomeni, visto il quadro dei venti, la sala operativa della sede catanese dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) ha provveduto ad allertare la torre di controllo dell’aeroporto di Fontanarossa, ma lo scalo è rimasto aperto e i voli – sia in partenza sia in arrivo – non hanno subito ritardi.
Protagonista del nuovo risveglio del vulcano è sempre il cratere di Sud-Est che già a cavallo tra il 12 e 13 gennaio, e nella notte del 18 febbraio aveva dato vita ad altre crisi eruttive. Anche stavolta l’attività si è concentrata all’interno del cratere a pozzo che si apre sul fianco orientale della più giovane delle quattro bocche sommitali. Da settimane gli esperti dell’Ingv registravano un aumento della pressione all’interno del sistema. Per tutta la giornata di venerdì all’interno del pozzo-cratere si è osservata una contenuta attività eruttiva, «caratterizzata – spiega il vulcanologo Mauro Coltelli – da esplosioni stromboliane prodotte da due piccole bocche. I fenomeni sono aumentati sabato mattina, quando le deflagrazioni sono cresciute d’intensità. Poi, dalle 15 di sabato pomeriggio il quadro è cambiato ancora: alle esplosioni sempre più forti si è aggiunta la comparsa della lava che ha prima riempito l’imbuto del cratere e quindi ha superato l’orlo, formando una lenta colata che ha preso a scorrere verso la Valle del Bove».
I bagliori del serpente di fuoco – molto viscoso – hanno acceso la notte del vulcano, mentre il rimbombo delle «cannonate» del Sud-Est echeggiavano a chilometri di distanza. Ieri mattina il quadro è apparso subito in rapida evoluzione: le esplosioni stromboliane si sono rincorse sempre più da vicino, fino alle 11 quando la situazione è precipitata.
«I sensori – spiega ancora Coltelli – hanno registrato un aumento rapidissimo del tremore all’interno dei condotti, proprio sotto il Sud-Est. Contemporaneamente dal cratere a pozzo si sono levate le fontane di lava accompagnate dalla colonna di cenere.
Mentre il flusso della colata è cresciuto via via».
A questo punto ci si chiede quale potrà essere l’evoluzione dei fenomeni. Undici anni fa, nel 2000, il cratere di Sud-Est tra il 26 di gennaio e il 24 di giugno diede vita a 64 fasi parossistiche.
Un anno dopo, nell’estate del 2001, il magma risalì all’interno dell’edificio vulcanico proprio sotto lo stesso cratere, s’insinuò in un sistema di fratture sotterranee sul fianco meridionale, emergendo con tutta la sua furia sia a ridosso della Montagnola, sia sul pendio dei Monti Calcarazzi, a un tiro di schioppo dal piazzale del Rifugio Sapienza.
E’ possibile che il cliché si ripeta?
«Anche se sottovoce – dice Domenico Patanè, direttore della sede catanese dell’Ingv – ce lo stiamo chiedendo da un po’. Da più di un anno il sistema è in ricarica e l’energia accumulata è tanta.
Tuttavia, al momento è troppo presto per potersi pronunciare.
Bisogna seguire gli sviluppi delle prossime settimane e dei prossimi mesi. Visto quanto accaduto anche ieri con la pioggia nera sul versante orientale, capisco la preoccupazione della gente. La cenere tornerebbe a creare problemi di non poco conto; sarebbe un incubo per tutti. Ma non mi pare il caso di fasciarsi la testa anzitempo.
Noi teniamo il polso del vulcano 24 ore su 24. E in caso di rischio siamo in grado di lanciare l’allerta per tempo».