Catania: gli uccidono i gatti e per poco non gli bruciano l’intera casa

Salvato dalla Polizia di Stato. Lui, però, voleva salvare tre cavalli delle corse clandestine.

GEAPRESS – Non ce ne voglia Roberto, ma i “suoi” cavalli, dei quali ancora si domanda, probabilmente saranno finiti già da tempo dentro a un panino. Il processo è ancora in corso e Roberto preferisce farsi chiamare solo così.
La sua è una storia particolare, di quelle che non capitano spesso. Anzi, forse non capitano mai. Eppure come lui tantissime persone saranno incappate almeno nella parte iniziale di questo racconto che vede involontari protagonisti tre cavalli. Hanno fatto irruzione come delle meteore nella vita di Roberto il quale, a differenza di tanti altri, ha provato a salvarli, … pericolosamente.

Lui, precario dell’Università, socio fondatore del WWF di Catania, tante battaglie passate senza i clamori dei riflettori, quel giorno voleva solo ritornare a casa. E’ il giovedì Santo, Roberto si trovava a Catania, nella periferia di San Giovanni La Punta. Sono le 15.00 del pomeriggio, ed è stata una giornata intensa di lavoro. Il percorso di ritorno viene ostacolato dalla presenza di tre calessi da corsa fermi sulla carreggiata, allineati parallelamente l’uno all’altro e pronti per intraprendere una gara.

Il Codice della Strada italiano, recentemente emendato, consente a questi mezzi di percorrere la strada. Purtroppo capita molto frequentemente, soprattutto nelle strade del meridione d’Italia, di imbattersi in scene di vere e proprie esercitazioni di equitazione.

Forse neanche Roberto, all’inizio, si era reso conto di quanto stesse avvenendo davanti i suoi occhi. Quasi subito, però, appaiono una ventina di motocicli strombazzanti guidati da giovani esaltati dall’imminente inizio della gara; i cavalli allineati, dopo un segnale di via, partono, percorrendo a velocità la strada provinciale che collega la periferia di San Giovanni La Punta al centro di Viagrande.

Roberto non riesce a credere a ciò che vedono i suoi occhi. Pigia sull’acceleratore e parte anche lui, ma non per mandare a quel paese i delinquenti e tentare di raggiungere per tempo casa sua ma per tentare di fermare la corsa. Vorrebbe mettersi in mezzo, grida ripetutamente “fermatevi! fermatevi!”: non sopporta di vedere quei cavalli che rischiano di sfasciarsi in terra. Niente da fare, i motori gli impediscono ogni avvicinamento. Roberto non demorde, fino alla fine della corsa. Avrebbe potuto cambiar strada prima, ed invece si ritrova al traguardo, dentro il paese di Viagrande! I cavalli stanno per andare via, ma lui si precipita verso il nugolo di ragazzi chiedendo loro se non si rendevano conto del male che stavano facendo. Figuriamoci, avranno pensato, chi è questo che deve venirci a dire cosa non dobbiamo fare nella nostra proprietà (ovvero la pubblica via).

Roberto viene circondato con fare minaccioso. Qualcuno chiama la Polizia? Boh!? Di sicuro i due poliziotti che si sono precipitati a difenderlo erano nei pressi per tutt’altro motivo. Incredibilmente si arriva ad una colluttazione. I poliziotti riescono a immobilizzare due persone, più precisamente due giovani. Roberto vede qualcosa, potrebbe essere una pistola, se la vede addosso e riesce a rifugiarsi in un negozio e da lì inizia la seconda parte della storia.

I ragazzi vengono portati dentro. Staranno poco e comunque non per il maltrattamento di animali o per la competizione non autorizzata. Entrambi non prevedono alcun arresto in flagranza di reato. A quel tipo di ragazzi, che non hanno avuto remora ad aggredire i poliziotti, il reato di maltrattamento di animali fa semplicemente ridere e poi per potere essere puniti occorre che qualcuno certifichi che era stata messa in pericolo l’incolumità fisica degli animali. Figuriamoci. I cavalli, comunque, vengono fatti andar via subito. Anche quando vengono sequestrati, sono talmente tanti che non c’è posto alternativo. Vengono in genere lasciati in custodia giudiziaria ai proprietari e da lì a poco ritornano in strada. Non è comunque il caso della storia di Roberto e di quei cavalli che si era illuso di salvare, non se ne saprà più niente.

Racconta Roberto: “I poliziotti che mi hanno salvato, mi hanno richiamato per non aver avvisato immediatamente le Forze dell’Ordine di quanto stesse accadendo. Mi poteva finire molto male. C’è stato un gran parapiglia ed ho quasi temuto che mi avessero preso per uno dei partecipanti alla corsa”.

GEAPRESS – Ma perché l’hai fatto?
Roberto – Volevo salvare i cavalli, ed ancora oggi mi chiedo che fine abbiano fatto. Se li sono portati via subito, dopo quanto è successo…

GEAPRESS – Ora ci spiegherai…
Roberto – Mi chiedo a cosa sia servito il mio intervento e a dire il vero sono anche un po’ dispiaciuto per un’altra cosa.

GEAPRESS – Cosa?
Roberto – Credevo che la Polizia seguisse tutte le fasi del processo penale, tuttora in corso. Alla prima udienza sono arrivati i due giovani immobilizzati alla fine della corsa accompagnati da molti altri. Finita l’udienza eravamo tutti assieme, l’atmosfera non era serena, la Polizia, ancora una volta mi ha aiutato accompagnandomi all’uscita del tribunale fino all’auto. Non ho capito bene, penso avessero notato qualcosa, la situazione poteva degenerare. Io ho continuato ad andare ad ogni udienza, però mi sono ritrovato solo, a volte senza gli stessi imputati. Non venivano, oppure gli avvocati forse chiedevano il rinvio. Non ricordo. Si deve ancora fare l’ultima udienza, tuttavia ho come l’impressione di avere compiuto sforzi vani.

GEAPRESS – Non credo proprio. Ma, andiamo avanti. Cosa è successo poi?
Roberto – Ecco, io non posso dire che le cose siano collegabili ma ho trovato quasi tutti i miei gatti morti. Un dispiacere immenso ed un pensiero forse ti viene anche perché le stranezze non sono finite lì.

GEAPRESS – Cioè?
Roberto – Una sera ero assente da casa per una riunione al WWF per questioni riguardanti la tutela dell’ambiente. C’era il rischio che tagliassero un bosco. Così voleva il Comune, ma quella battaglia, sai, l’abbiamo quasi vinta. Il bosco è ancora lì…

GEAPRESS – Ma a te cosa è successo quella sera?
Roberto – Mi hanno chiamato. Il mio giardino aveva preso fuoco e per poco le fiamme non avvolgevano tutta la casa. Un disastro, poi ho deciso di trasferirmi.

GEAPRESS – Ma… come aveva preso fuoco… cioè perché pensi che qualcheduno…
Roberto – Avevano gettato nel giardino quindici copertoni di camion e gli avevano dato fuoco con le micce a mò di trappola poste a dimora da “professionisti” incendiari. Quindici, non uno.

GEAPRESS – Abitava in quel posto qualche altra persona, magari al piano di sopra o vicino alla tua casa?
Roberto – Solo io.

GEAPRESS – Qual è il tuo stato d’animo ora?
Roberto – Io non sono un tipo ansioso. Andrò all’ultima udienza e certo, come dire, poi uno ci pensa, ma io penso più che altro a quei cavalli, non potrò più scordare quelle scene.

GEAPRESS – Cosa ti senti di aver fatto?
Roberto – Io? Un’azione ordinaria, ciò che il senso civico comune dovrebbe indurre a fare. In una strada si devono far correre dei cavalli? Con il rischio che si ammazzino o causino incidenti a chi si trova a percorrere la strada? E poi per cosa, per le scommesse clandestine? E chi controlla che non li abbiano drogati? Io credo che le cose possano cambiare, mi dispiace vedere loro convinti di quello che fanno. Per loro è normalissimo. E poi, il traguardo dentro il paese, in pieno centro storico, è un oltraggio alla legalità.

GEAPRESS – Non ti sembra di aver fatto una cosa eccezionale?
Roberto – No e lo rifarei anche se agirei diversamente cercando di sottrarre i cavalli, nel senso che li vorrei fuori da quel giro, che venissero sequestrati agli ingrati proprietari e portati per sempre via. Chissà se si potranno mai levare i cavalli dalle strade.

Il principale motivo per il quale nel sud Italia, ed in Sicilia in particolare, le corse sono così imperanti è dovuto al permissivismo del Codice della Strada. Nessuno se ne è accorto quando questa estate è stato riformato, ma un calesse funzionale per le corse, è per il Codice un veicolo a trazione animale. Può circolare liberamente anche nelle strade cittadine ed essere guidato da una persona che ha compiuto quattordici anni. Lo stesso Codice punisce blandamente le competizioni con animali e addirittura in misura minore rispetto a quelle con veicolo a motore. I Prefetti sono stati esautorati da buona parte dei loro compiti e di fatto non possono impedire la strada ai calessi. Questi ultimi, per potere circolare, devono rispettare pochi obblighi elementari come la presenza di luci ed un “targhettino”, la cui mancanza comporta solo una piccola sanzione amministrativa, in alcuni casi solo di poche decine di euro.

Le corse sono ora ancor di più camuffate negli errori del Codice della Strada. Bisogna evitare ogni invadente manifestazione della competizione che, sebbene blandamente, è punita dal Codice. Le corse le fanno a singolo calesse. Sono le corse a cronometro che appaiono in strada come un normale tragitto di un “veicolo a trazione animale”. GeaPress le ha documentate per la prima volta sulla circonvallazione di Palermo (vedi articolo e video GeaPress). Da solo, che corre a cronometro, oppure in semplice allenamento o passeggiata. Un cavallo in strada, in certe parti d’Italia, è la “firma” del controllo mafioso del territorio. Di tanto in tanto, poi, ti capita uno come Roberto ed allora ti convinci che le cose possono veramente cambiare.

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