Nell’aula magna dell’ I.C. “G. Verga” di Viagrande, organizzata dall’associazione “Amigdala”, ha avuto luogo un’interessante conferenza dal titolo “Le questioni cruciali, per tutelare i bambini dai danni derivanti da maltrattamenti, trascuratezze, abusi”. Relatore il dott. Luigi Raciti, psicologo, psicoterapeuta, referente CIMAI per la Sicilia, in servizio nella neuropsichiatria infantile ASP di Acireale. Il tema proposto, particolarmente importante e, soprattutto, sempre attuale, è stato trattato dal dott. Raciti con grande rigore intellettuale e competenza professionale, visto che da tanti anni si occupa proprio di questo argomento. Diversi e complessi i punti rilevati. Ogni maltrattamento, ogni esperienza sfavorevole, ogni abuso vissuto dal minore (intesi in senso sia fisico che psicologico e morale) producono dei danni nell’individuo che possono protrarsi anche molto oltre l’età infantile, talora anche in modo irreversibile. Tra l’altro, siffatte circostanze possono determinare esiti rilevanti sia da un punto di vista sanitario, come depressione, disturbi di personalità, dipendenze patologiche, sia esiti sociali come devianza e criminalità, alterazione della qualità della vita, nonché cospicue spese assistenziali. Non solo, ma non riuscire a fornire un’adeguata protezione o, peggio ancora, una più specifica cura, può favorire il cosiddetto “ciclo ripetitivo” dell’abuso, ovvero una sorta di “abitudine” comportamentale che il futuro adulto rischia di incamerare nel suo assetto comportamentale e comunicativo. Fenomeno sociale, quindi, ma più particolarmente fenomeno “familiare”: i bambini che hanno più bisogno della tutela pubblica sono esattamente quelli che hanno all’interno della loro famiglia i più elevati fattori di rischio, cioè che vivono in famiglie in cui i trend comunicativi sono all’insegna soprattutto dell’aggressività e della scarsa tolleranza, della difficile capacità di negoziazione, della impropria volontà di affrontare la quotidianità con toni e modi “forti” nei dialoghi. Compito di proteggere i bambini che vivono in queste condizioni è soprattutto dello Stato, ma certamente ognuno di noi deve contribuire cercando di rispettare le leggi e di assicurare una buona assistenza. Ciò, naturalmente, riguarda in prima istanza gli uffici preposti: scuola, sanità, servizi sociali, servizi giudiziari, educativi, ecc.
Ogni professionista è chiamato a sapere attenzionare ogni caso, presunto e manifesto, di maltrattamento al bambino, cercando di evitare errori che possano determinare o cosiddetti falsi positivi (ovvero riscontrando maltrattamenti o abusi laddove questi non sono presenti, solo per elementi superficiali di valutazione o, viceversa, ma con gli stessi indicatori, falsi negativi, magari dando scarso credito o poca attenzione a segni o, addirittura, sintomi, non sufficientemente rilevati). E’ comunque necessario che ogni sistema sia in grado di interconnettersi con gli altri sistemi coinvolti nella tutela del minore, basandosi sulla qualità di operatori ad hoc formati, in grado di esprimere anche una valida esperienza, nel rispetto assoluto di funzioni e procedure.
E’ essenziale, per operare in modo utile e produttivo, rispettare i passaggi di un percorso obbligato quando si interviene nelle situazioni di abuso, maltrattamento, trascuratezza: la Rilevazione (con procedure specifiche che sappiano “leggere” concretamente lo stato delle cose); la Protezione (assicurando il necessario supporto fisico e psicologico); la Valutazione (cercando di applicare indicazioni cliniche adeguate); il Trattamento (atto a svolgere un protocollo minuzioso da un punto di vista legale, medico, sociale). Gli strumenti e le procedure al servizio della rilevazione e della valutazione devono essere oggettive, controllate, basate su dati di ricerca scientifica; il trattamento, l’aiuto specialistico, deve riguardare tanto il minore vittima di maltrattamenti quanto il nucleo familiare che lo accoglie. Un percorso di recupero e/o sostegno deve essere rivolto anche alle capacità genitoriali (con risorse assistenziali al servizio di tale percorso).
Importante anche il compito del sistema giudiziario, che deve saper fornire forme, energia e limiti a tali percorsi, sapendo riconoscere la sofferenza che sta dietro vicende in cui sono violati i diritti dei cittadini minorenni: un sistema che deve esprimersi in senso ripartivo piuttosto che punitivo. Un percorso difficile, ma fattibile: gran parte delle famiglie in difficoltà possono, se adeguatamente accompagnate da operatori competenti, recuperare le capacità necessarie ad occuparsi sufficientemente e bene dei propri figli; in più, deve valere la consapevolezza che, per quanti sforzi si facciano, negli operatori possono scattare reazioni ideologiche o variamente difensive, discorsive della realtà, o tali da impedire la visione di ciò che è utile e possibile. Ciò, naturalmente, non deve essere considerato come un impedimento ad uno svolgimento proficuo dei percorsi accennati, ma, semmai, deve emergere come possibile criticità che, quanto più chiara si presenta, tanto più grande è la possibilità di affrontarla nei giusti termini e di risolverla. Infine, la psicoterapia, che va assicurata alle vittime di abusi, ma anche agli autori dei maltrattamenti nonché ai “testimoni impotenti”, ovvero quelle persone che potrebbero contribuire di più ma, per motivi contingenti diversi, non hanno la volontà o il coraggio o la possibilità di collaborare immediatamente e apertamente. Tutto questo ha anche un suo costo, però occorre pensare, conclude il dott. Raciti nel suo intervento, che i costi sociali, anche a lungo periodo, determinati dal mancato intervento a protezione del minore, collegabili alla sua mancata cura, riguardano tutti, anche chi non è direttamente coinvolto in situazioni di maltrattamento familiare.
Alla conferenza ha fatto seguito il dibattito che è servito per un ulteriore approfondimento dei vari aspetti della problematica.
(font: Akis – Salvatore Di Dio, 04 dicembre 2010)