(ANSA) – PALERMO – Dopo 51 anni verrà riesumata la salma del bandito Giuliano. I pm della Dda di Palermo hanno fissato per il 28 ottobre gli esami sui resti del ”re di Montelepre” affidati al medico legale del Policlinico Livio Milone. E’, ufficialmente aperta, dunque, l’indagine sulla morte del responsabile dell’eccidio di Portella della Ginestra. La Procura, che dopo l’esposto dello storico Casarrubea aveva costituito un fascicolo di atti relativi, ha avviato un’inchiesta a carico di ignoti per omicidio e sostituzione di cadavere.
La riesumazione e la nuova autopsia sulla salma del bandito dovranno accertare se sia ancora possibile estrarne il Dna e procedere poi a un eventuale confronto con il codice genetico dei discendenti ancora in vita dello stesso Giuliano. Il capo della banda, che insanguinò le montagne attorno al capoluogo dell’Isola, venne ufficialmente ucciso nel luglio del 1950, ma nel suo esposto Casarrubea ha messo in dubbio che il cadavere sepolto nel cimitero di Montelepre (Palermo) sia quello del bandito. Per merito del giornalista Tommaso Besozzi (autore di un celeberrimo e memorabile articolo-inchiesta, pubblicato sull’Europeo del 5 luglio 1950, dal titolo ”Di sicuro c’è solo che è morto”) era già stata smontata la versione ufficiale dell’uccisione in un conflitto a fuoco con i carabinieri e si era aperta la strada perchè venisse fuori la verità, e cioè che Giuliano era stato assassinato a sangue freddo e a tradimento dal cugino, Gaspare Pisciotta, poi a sua volta ucciso da un caffè avvelenato, nel carcere palermitano dell’Ucciardone.
Ora viene meno anche l’unica sicurezza espressa da Besozzi, che il cadavere lo vide con i suoi occhi, e cioè che Giuliano sia realmente stato ucciso. Il corpo sepolto a Montelepre potrebbe essere quello di un uomo assai somigliante a Giuliano, ucciso per permettere al bandito di fuggire dalla Sicilia. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Francesco Del Bene, Marcello Viola, Paolo Guido e Lia Sava.
Nelle scorse settimane, oltre a Casarrubea, i magistrati hanno sentito giornalisti e un colonnello del Ros dei carabinieri che ha eseguito alcuni accertamenti e il nipote di Giuliano, Antonio Sciortino.
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