Nell’antica Grecia le manifestazioni sportive, allora non meno seguite e coinvolgenti di oggi, svolgevano l’importante funzione di permettere, proclamata una tregua, ai membri di comunità spesso in lotta fra loro, di incontrarsi, conoscersi, colloquiare e scambiare idee ed esperienze.
Oggi lo sport, per gli spettatori, ha una finalità essenzialmente ludica, ma uno stesso spirito positivo anima la maggioranza assoluta di chi assiste ad un evento sportivo.
Purtroppo, oggi come allora, esiste una minoranza, talvolta davvero esigua, che si serve dello sport per scopi diametralmente opposti a quelli che dovrebbero essere perseguiti.
Ciò che colpisce in questi sparuti gruppi è il loro “essere contro tutti”, persino non di rado contro coloro che dovrebbero sostenere con l’incitamento e l’applauso, e che su questa negatività costoro costruiscono identità fittizie e inconsistenti, usando anche un repertorio simbolico che tragiche esperienze storiche e politiche disgraziatamente forniscono loro. L’assurda violenza che ne scaturisce è l’inevitabile conseguenza di un’identità fondata sul “noi non siamo come quelli”, sulla prepotenza aggressiva, sull’intolleranza. E purtroppo qualche volta questa violenza ha la meglio sul disarmato desiderio di assistere pacificamente e gioiosamente, come dovrebbe sempre essere, ad uno spettacolo di sport.
Gli sportivi non possono che augurarsi il successo dell’azione repressiva delle forze dell’ordine e di un’azione educativa che tolga linfa a queste minoranze, mantenendo allo sport quello spirito che ha avuto nella terra e all’epoca in cui è nato.
Salvatore Daniele