Una scelta abbastanza inusuale quella del catanese Alfio Grasso che ha optato per il poemetto in versi per rappresentare con freschezza e ironia il lato più umano di un uomo di potere. Nell’incedere epico delle ottave, Goffredo di Rue-Grande (l’eroe che da il titolo al volume), valoroso condottiero al ritorno dalle Crociate e in cerca dell’amore carnale, è coinvolto col servo Catello in una girandola di esilaranti avventure che finiscono tutte col mostrare fino a che punto possa coprirsi di ridicolo un potente quando, in modo goffo, decida di lasciare la non più giovane moglie per rivolgere altrove le proprie attenzioni erotiche. I versi di Goffredo di Rue-Grande non fanno diretto riferimento a esponenti dell’attuale panorama politico ma la dedica stessa del volumetto, «A tutti i cavalieri della società contemporanea, perché, nelle loro crociate, individuali non dimentichino mai di essere uomini», pone l’accento sulla dignità che non dovrebbe essere barattata col desiderio sensuale, così come fanno i piccoli uomini che si credono eroi.
All’idea della satira politica riportano d’altra parte alcuni elementi. Se infatti la matrice siciliana di Grasso e tutta nella “Chanson de geste” acquisita attraverso l’opera dei pupi, lo stretto legame col gustoso testo di De Andrè-Villaggio Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (1963), citato in esergo, e il tono stesso astutamente simile a quello di Ho visto un re (la canzone portata al successo da Jannacci) conferma come le avventure di Goffredo possano essere lette come altrettante metafore di attuali pochezze umane.
(font: La Repubblica – Emanuela E. Abbadessa, 5 settembre 2010)