Mappa dei principali gruppi criminali catanesi.
La pax mafiosa degli ultimi anni tra le cosche catanesi è stata dettata, non certo da amor fraterno fra picciotti di diversa estrazione criminale, bensì da becero opportunismo: meno chiasso si fa e meno attenzione si attira. La mafia silente è quella che fa più soldi e che si insinua bellamente negli affari della politica e degli appalti pubblici. Inoltre la pax il più delle volte denuncia anche il fatto che le gerarchie all’interno delle cosche sono ben salde e incontrastate.
Questo equilibrio, dopo il delitto di ieri, probabilmente rischia di spezzarsi. Ma vediamo quanti e quali gruppi iI panorama della criminalità organizzata etnea contempla al giorno d’oggi da quanto emerge dalle operazioni di polizia giudiziaria degli ultimissimi anni, anche se nell’ultimo decennio, in quegli ambienti, vanno di moda le trasmigrazioni da un gruppo all’altro.
La «famiglia» provinciale dei Santapaola a quanto pare tiene sempre e primeggia, capeggiata, fino a prova contraria, ancora dal boss ergastolano Nitto Santapaola attraverso i suoi gregari, i quali a loro volta hanno «competenza» territoriale nei diversi quartieri o frange della città. Il clan è parte integrante di Cosa nostra. Gli affiliati sarebbero in 350 o 400, ma le fila del crimine tendono a ingrossarsi pescando nel mare magnum dei quartieri degradati dove dalla baby criminalità emergono soggetti «che si fanno notare».
Il clan Laudani è notoriamente attivo e ramificato nella zona nord della provincia etnea e nella fascia jonica, fino a Giardini Naxos e Taormina.
Il clan Cappello, per quanto il boss Turi Cappello abbia probabilmente abdicato (nel 2004), resta un gruppo forte e agguerrito e sempre in fase di riorganizzazione.
È un clan di estrazione «cursota», nemico storico dei Santapola, che nell’ultimo decennio è stato più volte decimato da belle operazioni della Dda e si è più volte riorganizzato. Ma da qualche anno a questa parte la famiglia mafiosa santapaoliana ha raggiunto anche coi «cappelliani» un armistizio, arrivando persino a inconsuete forme di collaborazione.
Il clan Cappello dispone ancora di un serbatoio di centinaia di militanti, con autonomia e dominio in diverse zone della città, come San Cristoforo (soprattutto via Plebiscito o, se volete, «’u traforu»), corso Indipendenza e Catania vecchia, con alcune ramificazioni a Librino.
Il clan Sciuto-Tigna (per intenderci, il gruppo di riferimento di quel Giuseppe Ferone, alias «Cammisedda» che uccise la moglie di Santapaola) è il sodalizio in cui aveva un ruolo di primissimo piano Giacomo Spalletta, l’uomo ucciso ieri. Dagli atti giudiziari ufficiali il clan risulta che, almeno fino a qualche tempo fa, il capo era Biagio Sciuto, detto appunto «Tigna», scarcerato nel 2005. Il gruppo è considerato «amico» del clan Cappello, ma al momento attuale non si ha la certezza neppure se questa cosca esista ancora o se si sia. per così dire, sfrangiata.
Infine, operano in autonomia, anche le cosche dei «Carateddi», dei «Ceusi» e dei Di Mauro-Puntina.
(font: La Sicilia – G. Q. , 15 novembre 2008)