La scienza è forse la più grande avventura dello spirito umano ( o della mente, o del cervello, ciascuno scelga secondo le proprie convinzioni ). Come gli antropologi possono testimoniare, non esiste nessuna società, per quanto primitiva, che non possegga elementi minimi di conoscenza scientifica. Prima della politica, o della letteratura, c’è la scienza. Gli uomini alzano gli occhi al cielo per contemplare gli astri, li fissano sugli animali, le piante, le pietre. Alla domanda su come tutto questo funzioni, si sono date via via risposte, dapprima ingenue, ma in breve tempo sempre più sofisticate. Alcune di queste risposte sono state riconosciute, o per lungo tempo o da sempre, come esatte e ad esse è stato conferito il massimo riconoscimento, la dignità di ‘vere’. Tutte le risposte ‘attualmente vere’ costituiscono il corpo presente della conoscenza scientifica. Alcune verranno poi abbandonate, altre modificate o perfezionate, ma, e questo è l’importante, molte saranno conservate e molte altre verranno aggiunte. Anche da umanista ‘incallito’, non posso non provare rispetto e ammirazione per il lavoro degli scienziati, e un po’ di invidia per i risultati che essi ottengono. Non parlo solo delle ricadute tecnologiche delle loro ricerche, ma dei loro successi concettuali e del modo in cui procedono. Due aspetti mi sembrano importanti, e affascinanti. La ricerca scientifica è una combinazione funzionale di libera creatività e di rigore, di fantasia e di precisione. Quando cercano una soluzione, nel ‘contesto della scoperta’, gli scienziati spesso danno sfogo alla loro immaginazione, volutamente cercano di staccarsi dai dati che hanno a loro disposizione e di non ragionare su di essi, ma più liberamente. Quando però, nel ‘contesto della giustificazione’, controllano le loro ipotesi e teorie, o concettualmente o mediante l’esperimento, allora il rigore e la precisione prendono il loro posto, affinché dopo questo vaglio rimanga solo ciò che è valido. Ovviamente questa è una descrizione idealizzata, perché nella realtà la procedura è molto più complessa e ‘avventurosa’, ma questo modo integrato, ‘dialettico’, di operare è straordinariamente efficace. E non manca un lato ‘umanistico’. Talvolta di fronte a fatti inconsueti, a fenomeni nuovi, gli scienziati devono affrontare problemi di linguaggio: usare parole vecchie con significati nuovi, o inventare anche espressioni nuove. La letteraria ‘metafora’ non è un’arma sconosciuta agli scienziati. Di rilievo è anche come gli scienziati sottopongono le loro idee al giudizio dei colleghi. La ‘comunità scientifica’ è pure essa un efficiente strumento di controllo. Uno scienziato, affinché una sua teoria venga accettata, deve diffonderla pubblicamente, sottoporla ad un ampio e approfondito dibattito, tener conto e rispondere alle critiche e alle obiezioni, riconoscere e correggere gli eventuali errori e lacune, essere tollerante in questioni di priorità di scoperta e di condivisione e poi… sperare. Ovviamente anche questo è un modello idealizzato, perché gli scienziati sono esseri umani! Ma non c’è dubbio che la comunità scientifica sia, in un certo senso, uno stato democratico, che produce ottime leggi. Da umanista posso dire che la scienza corre un solo pericolo grave, quello di aderire alla ideologia dello ‘scientismo’, sostenendo che le proprie verità siano l’unica, assoluta ‘Verità’, incompatibile ed esclusiva di tutte le altre, che diverrebbero così il ‘falso’. Ma la scienza, che è intrinsecamente pluralista, perché guarda il mondo da tanti punti di vista, saprà resistere a questa tentazione. Ne ha già passate tante…
Salvatore Daniele