Il 2 aprile 1787 il grande scrittore tedesco Wolfgang Goethe sbarca a Palermo. La Sicilia è per lui una meta agognata, l’Isola è la Magna Grecia, dove egli potrà trovare realizzati quegli ideali di classicità verso cui tende, la bellezza, l’armonia, la perfezione sfiorata e immobilizzata nelle pietre dei monumenti. Per lui, uomo e artista del Nord, quegli ideali sono già nella natura dei luoghi, nei paesaggi nettamente definiti, nei colori intensamente chiari ma dolcemente sfumati, tra i quali predomina l’azzurro del cielo e del mare, negli odori soavi, nel clima mite, nel vento leggero. In Sicilia la natura e le opere degli uomini realizzano una simbiosi unica al mondo. Ma questo è uno dei due volti dell’Isola bifronte. Goethe trova Palermo una città sporca, abitata da una popolazione rassegnata all’idea che nulla potrà cambiare. Ma il 7 aprile il poeta visita Villa Giulia, un giardino pubblico vicino al mare, aperto un decennio prima, che egli aveva notato appena al suo arrivo. Qui ci racconta di aver trascorso in solitudine ore magnifiche di quiete soavissima, nel luogo più bello del mondo. Il giardino ha un disegno geometrico, tipico del ‘700, ma sembra fatato; è recente, ma evoca tempi antichissimi. Ed infatti Goethe, guardando il mare entrare nel golfo, sentendone perfino l’odore, immagina di essere nella mitica isola dei Feaci, cantata da Omero, nel giardino del re Alcínoo e della figlia Nausicàa, colei che accoglie nella sua terra Odisseo naufrago, donandogli di nuovo la vita, come una seconda madre. E’ un’esperienza quasi mistica. Uscito da Villa Giulia, Goethe si affretta a comprare una copia dell’Odissea, e questa copia fa ancora parte della biblioteca di casa Goethe, ne legge con entusiasmo (in greco) alcuni brani, improvvisandone una traduzione al pittore Kniep che lo accompagnava nel suo viaggio, il tutto bagnato da un buon bicchiere di vino. Non bisogna considerare tutto ciò il vano sogno di un letterato, o un aneddoto edificante. Il tedesco Wolfgang Goethe ha capito dove sta la forza della Sicilia, nelle sue radici che alimentano una tradizione di civiltà ininterrotta da 2.500 anni, e che deve prevalere su tutti i mali e le brutture. Un rinnovato culto della Bellezza, e della Bontà, che per i Greci non stavano mai l’una senza l’altra, sarà lo stimolo più forte per la salvezza dell’amata madre, l’Isola.
Buone vacanze a tutti i Viagrandesi!
Salvatore Daniele