Il 6 e il 9 agosto 1945 le città giapponesi Hiroshima e Nagasaki sperimentarono i terribili effetti dell’ultima arma inventata dall’uomo contro se stesso. La bomba atomica superava di gran lunga, per la sua tragica capacità d’annientamento, qualsiasi arma era stata fino ad allora usata nei conflitti, e colpiva in modo assolutamente generalizzato, efficacemente crudele, nessuna difesa era possibile. Era un’arma inumana. Eppure quell’arma, questo ordigno diabolico, era il frutto di una meravigliosa avventura intellettuale che aveva coinvolto dall’inizio del ‘900 le migliori menti scientifiche in una appassionante ricerca sulla struttura ultima del mondo, sulla natura e le proprietà dell’atomo. Era il frutto di quella voglia di sapere, di quel desiderio di conoscenza, che costituisce una delle caratteristiche essenziali dell’uomo. In quell’arma si annidava una contraddizione, la contraddizione umana. Non è inopportuno, a questo proposito, ascoltare una voce antica, quella di Sofocle, tragediografo greco del V secolo a. C. Sofocle vive ad Atene, una città a quel tempo ai vertici del progresso in tutti i campi dell’attività umana, tanto che si parla di ‘secolo d’oro’ e di ‘miracolo greco’. Atene era ( caso unico nel mondo d’allora ) una democrazia, l’economia era florida, si costruivano splendidi edifici, fiorivano le arti e le scienze. Ma per Sofocle questo non bastava ad assicurare il vero benessere dell’uomo, perché tutto dipende dalla sua capacità di volgere al bene e non al male tutto ciò, ed è tanto, che è in grado di fare. L’uomo è libero, quindi è responsabile di quello che fa, qui sta la sua condanna o la sua gloria. Questo è il contenuto di un coro ( vv. 332-375 ) della tragedia Antigone, che dovette far fremere non poco gli spettatori ateniesi nel lontano 442 a. C. L’uomo è un “essere grande che possiede genio inventivo, oltre ogni speranza” ( utilizzo la bella traduzione di Elena Bono, Milano 1977 ) che solca il mare anche quando è in tempesta, che costringe la terra a dare i suoi frutti; col suo “sottile ingegno” cattura gli uccelli e i pesci, ha domato animali selvatici, il cavallo ed il toro. L’uomo ha inventato per sé il linguaggio, ha imparato a pensare, ha trovato sicuro riparo dalle forze avverse della natura organizzando forme di vita civile. “L’uomo [è ] armato di tutte le risorse. Disarmato non va contro il futuro”. Solo alla morte non troverà rimedio, ma ha vinto innumerevoli mali. ( Siamo 450 anni prima della nascita di Cristo! ) Ma l’uomo è soprattutto un essere terribile e “misterioso”, perché è libero e può volgersi sia al bene che al male. Tutto quello che è riuscito, e riuscirà a fare, avrà valore solo se sarà sottoposto alle norme etiche, e civili, che indirizzano al bene, e renderà così gloriosa la sua patria e il mondo intero. “Ma l’uomo che si fa compagno il male per gusto temerario, è un senza patria”, cioè secondo la mentalità greca, è al di sotto degli animali.
Salvatore Daniele
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