Sembra proprio non esserci più nessuna speranza: Il summit del G8 ad Hokkaido di questi giorni ha confermato, ancora una volta, la volontà delle grandi potenze di reinvestire nello sviluppo sfrenato dell’economia neoliberista a scapito delle urgenze climatiche planetarie. La quotidianità dei cataclismi in tutte le aree del mondo non sembra scuoterci dalla nostra ovattante certezza di un futuro sicuro.
La “politica di distrazione” che attua la televisione ci garantisce una tranquillità consumistica abbagliante, ricombinando subdolamente la gerarchia dei valori della vita. Tutto questo ha effetto devastante innanzitutto sulle generazioni più giovani, più esposte all’impatto diretto perché private della possibilità di confrontare la condizione precedente a quella attuale; sono estremamente vulnerabili alle contaminazioni consumistiche e stanno vivendo una nuova forma di solitudine, quella dell’emarginazione impersonale che attua la logica del “possedere per essere”.
Il quadro attuale non è dei più felici, ma un atteggiamento pessimista e disfattista non sarebbe la giusta reazione. Bisogna cercare una strategia alternativa di rinascita comune per potersi sottrarre a questa triste prospettiva futura.
Mai come oggi gli strumenti tecnologici ci offrono l’opportunità di emergere dall’oblio che ci sovrasta: con l’avvento di internet e delle nuove tecnologie di comunicazione stiamo assistendo al possibile riscatto dell’individualità; l’informazione è alla portata di tutti, operazioni che un tempo richiedevano lunghe attese, adesso sono facilmente risolvibili con un semplice clic, la telepresenza ci permette di essere proiettati nei luoghi più remoti del globo, le realtà virtuali online ci offrono una nuova identità, gli spazi della rete come Blog e Forum riuniscono in tempo reale le idee e gli interessi di utenti distanti fisicamente migliaia di chilometri.
Per ricostruire un futuro possibile bisogna partire proprio da questo principio: dall’identità del singolo e dalle potenzialità personali intraviste nella prospettiva di un’interazione collettiva. Le migliori risorse per questa nuova forma di risorgimento sono ovviamente i giovani con le loro forze propulsive e con le loro intelligenze dinamiche ed immaginative.
Il primo passo sarebbe, quindi, quello di riunire un piccolo numero di persone e metterle nella condizione di poter attuare delle operazioni destinate all’interesse della comunità; il secondo obiettivo sarebbe quello d’individuare le risorse inutilizzate che il territorio o la comunità stessa possiedono e riconvertirle in ricchezza comune. Una volta raggiunti questi primi obiettivi non rimane che ottimizzare le procedure di realizzazione del progetto. Come ogni investimento a lungo termine, questa volontà di miglioramento dovrà tener conto dello sforzo iniziale necessario al decollo dell’iniziativa, ma come ogni scommessa per il futuro non ci si dovrà arrendere alle prime difficoltà.
Nella nostra cittadina esistono moltissime risorse non ancora utilizzate o lasciate all’abbandono e se volessimo rintracciarne alcune, sicuramente rimarremmo stupiti dal numero inaspettato di queste.
Il comune di Viagrande possiede molti spazi verdi ed altrettante strutture abbandonate da anni per la mancanza di un piano di recupero. Spesso ci si è nascosti e giustificati dietro lo scudo (apparentemente inappellabile) del problema economico che trova massima espressione nella frase “il governo ha tagliato i fondi ai comuni”, ma riconducibile solo alle scelte politiche delle amministrazioni in carica. Tutti sappiamo che esistono serie alternative a quelle monetarie se si decide di mettersi in gioco in un progetto di rilancio. Come si suol dire “non è solo una questione di denaro”: parlo dei gemellaggi, delle sponsorizzazioni, delle coproduzioni, degli incentivi statali o europei, e dei finanziamenti vari ecc. Queste strategie, se non risolutivamente, faciliterebbero almeno la realizzabilità del progetto stesso.
Se questo non è successo fino ad oggi è ovviamente riconducibile alle decisioni di coloro i quali sono stati eletti democraticamente, e con fiducia, dai cittadini. Non esistono limiti alle possibilità del fare umano, ma prima di poter attuare una strategia bisogna conoscere le proprie potenzialità. La consapevolezza è l’ingrediente indispensabile, ed in questo caso con consapevolezza intendo la reale conoscenza dei bisogni della comunità che abita quel particolare luogo e a cui devono essere finalizzati tutti gli sforzi. Il piano regolatore è l’esempio più lampante di come il paesaggio naturale di Viagrande sia stato deturpato: sorgono oggi “scatole di cartone” vendute per villette plurifamiliari di immensa bruttezza in luoghi che un tempo erano conosciuti per la loro tranquillità e per il loro verde. Partendo dall’alto possiamo elencare alcune zone interessate dallo scempio: Via Dietro Serra, Via Sciarelle, Viscalori, per non parlare di Via Poio, della Fossa dei Leoni, Via Indirizzo. Questi quartieri oggi offrono un panorama di cemento volgarmente “pittatu” con varie sfumature di gialli, verdi e rosa salmone tendente al “salmonella”, e di cui non c’è da andare orgogliosi.
Parlavamo prima della consapevolezza collettiva, di quell’ingrediente fondamentale attraverso cui intravedere un obiettivo comune per il miglioramento di tutti. Secondo questo piano d’intervento ogni individuo deve essere identificato per le capacità che lo caratterizzano e quindi riconosciuto di fondamentale importanza all’interno della funzionalità del gruppo. La prima grande operazione in tal direzione sarebbe, quindi, la creazione di un’identità collettiva come “condicio sine qua non” per innescare diffusamente lo spirito di appartenenza ad un principio di vita. Cioè, la volontà di miglioramento non dovrebbe essere sentita solo dalle persone incaricate alla realizzazione del progetto, ma da parte di tutti i cittadini che potrebbero contribuire spiritualmente, e nel limite delle loro possibilità, a questa volontà di crescita.
Una proposta di miglioramento sarebbe, quindi, quella di riconvertire gli spazi territoriali inutilizzati del comune alla produzione di risorse energetiche. Facendo un esempio concreto, potremmo suggerire il recupero (già in corso) del palazzo Turrisi Grifeo Partanna attraverso un progetto che prevederebbe la realizzazione di un’oasi ecologica nel parco, nonché la ridestinazione d’uso dello stabile a pinacoteca permanente, biblioteca o spazio ricreativo per giovani. Considerando la vicinanza geografica al fiume Indirizzo, immaginatevi un’oasi di verde utilizzata come bacino idrico sotterraneo e come fonte di produzione energetica in superficie ospitante, tra l’altro, diverse attività ricreative e culturali. Detto a parole sembra un’utopia fattibile, ma io credo sia solo fattibile eliminando il carattere utopico.
Questo sarebbe l’inizio di altri piani a medio-lungo termine che il comune dovrebbe attuare per emanciparsi dalla necessità, sempre più costosa, del fabbisogno energetico: si potrebbe continuare con l’istallazione del fotovoltaico incentivando economicamente i cittadini verso una conversione concreta, e prevedendo parallelamente un programma di educazione all’ottimizzazione dei consumi. Con questa tecnologia ogni superficie disponibile diventerebbe strumento di ricchezza: la tettoia dello stadio, quella delle scuole e quella di ogni spazio pubblico produrrebbero energia a disposizione di tutti. Annullando i costi di gestione e rivendendo la quantità di energia prodotta in eccesso, il comune potrebbe reinvestire il plusvalore in altre iniziative ecologiche e culturali aiutando intelligentemente, con supporti ed incentivi, i comuni limitrofi che, solo dopo un lungo impegno, potrebbero meritare la nomenclatura “Comuni del Parco dell’Etna”.
Non ci vogliono grandi progetti ma semplici ed efficaci idee. Non sempre, però, le idee migliori sono quelle partorite dalle menti dei politici in carica. Non ci rimane che affidarci agli interventi provenienti dal singolo e alle brillanti idee che nascono negli incontri tra cittadini desiderosi di un reale progresso.
… un viagrandese a Milano.
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